Il buon vecchio Caparezza colpisce ancora e, a meno di un anno dalla sua ultima apparizione in città, torna a creare scompiglio a Torino, con un nuovo concerto al vetriolo. Dopo la tappa estiva al Gru Village l’irreprensibile Capa è approdato al Pala Alpitour il 28 marzo 2015 per la seconda dose del suo “Museica Tour”, questa volta con qualche novità e qualche turbamento in più.
Non tutti sanno che il nostro amato capellone è stato nel capoluogo piemontese anche in un’altra occasione di recente: lo scorso 11 marzo è scomparso Carlo Rossi, storico produttore torinese che tra le altre cose ha seguito la crescita discografica di Caparezza. Ad esclusione dell’ultimo “Museica”, interamente prodotto dall’artista stesso, il compianto Carlo ha contribuito a dar vita a tutti gli altri dischi nati dalla mente di Michele Salvemini, o come affermato durante la serata “a trasformare l’inchiostro in una voce“.
La scaletta è quella già collaudata durante le prime tappe di questa seconda parte della tournée e decolla con le due bombe iniziali “Mica Van Gogh” e “Abiura Di Me”, che regalano un incipit di rara potenza e scaldano a dovere il pubblico del palasport. Rispetto all’esibizione estiva la setlist è meno lineare e segue la traiettoria delle montagne russe, passando repentinamente da momenti da accendino con “China Town” ed “Eroe” a sprazzi di irriverente metallo (profondamente incastonato nell’animo artistico di Caparezza) grazie alla violenta “Argenti Vive”, senza dimenticare i momenti da pogo scomposto che in “Non me lo posso permettere” e “Vieni a Ballare In Puglia” sfociano in circle pit degni del miglior Hellfest. Visivamente lo spettacolo è sempre di altissimo livello, con una scenografia meno appariscente dell’anno scorso, ma con gag rinnovate, fresche e efficaci. Non che serva chissà quale espediente per tenere in pugno la platea, quando hai tutto quel contenuto e quella vitalità. Lo si ripete spesso durante la serata, Caparezza è del 1973, eppure sul palco ha l’euforia e l’irrequietezza di un ragazzino che sperimenta per la prima volta la propria arte. Una prova? Vi sfido a trovare un set fotogratico della serata in cui non ci sia un suo salto, o un travestimento, o una delle sue fantastiche stramberie. Ma è ancor più sorprendente percepire come continui a interrogarsi sul significato di tutto ciò muove il suo interesse e quello del suo pubblico, tutto senza prendersi mai troppo sul serio, mascherandosi e smascherandosi come nessun altro artista nazionale ha il coraggio di fare.
Non esiste un motivo per il quale Caparezza e i suoi concerti non debbano rientrare nella sfera di interessi di un individuo, sia esso un musicofilo intellettuale o un semplice primato dal pollice opponibile. La musica e gli show che Michele mette sul piatto sono per tutti i gusti: potete limitarvi a divertirvi come squilibrati seguendo la folla che salta per quasi tutta la durata dello show, oppure potete godere dei molteplici strati culturali nascosti sotto tutti quei capelli, in fondo a quel fantomatico tunnel del divertimento.
Fotografie a cura di Andrea Marchetti.