Quest’anno è tornato il Fosch Fest, compiendo un autentico salto di qualità in quella che è una kermesse diventata oramai punto di riferimento estivo per gli appassionati del genere: una tre giorni che prevede diverse band che propongono sonorità folk metal, con eccellenti eccezioni che sconfinano in campo thrash, death e black.
Ne avevamo sentito parlare parecchio di questo evento. Essendoci di mezzo i ragazzi di Metalitalia, partner principale del fest, era assolutamente d’obbligo fare un viaggetto in quel di Bagnatica (BG) per capire bene con cosa avessimo a che fare. Sembra proprio di respirare un’aria europea non appena scesi dalla macchina: ad accoglierci un campeggio (gratuito per i possessori del biglietto) completo di metalloni che non temono certo il sole e il caldo di questi giorni. Fortunatamente un bell’acquazzone estivo darà un po’ di tregua ai presenti, giusto prima che il piatto forte della serata (leggere Kampfar, Arkone e Carcass) venisse servito.
L’intero festival si svolge all’interno di un’area davvero ben organizzata tra stage, birreria artigianale, punto ristoro e qualche stand dedicato a musica e abbigliamento. E sì, al contrario di altri eventi organizzati in Italia qui c’è anche l’acqua corrente. Fresca. Insomma nei momenti di cambio stage non c’è modo di annoiarsi. Il pubblico è parecchio e la tensione nell’area sale costantemente fino a esplodere con l’arrivo sul palco (in leggero ritardo sulla tabella di marcia, a essere sinceri) di Jeff Walker e compagni.
Al primo riff di chitarra il pubblico viene catapultato nella prima metà degli anni novanta, trascinato dal caratteristico ringhio di Jeff che scarica sulla folla in delirio un vero e proprio best of marchiato Carcass. La resa sonora dei Nostri è stata accettabile dopo qualche problema iniziale, la risposta più massiccia dei presenti è ovviamente per i pezzi di “Heartwork”, tuttavia la simbolica “Incarnated Solvent Abuse”, estratta da “Necroticism – Descanting the Insalubrious”, ha scatenato un putiferio sotto il palco senza pari. Da segnalare anche il sing-along durante il medley “Black Star/Keep On Rotting in the Free World”, doppietta proveniente dal poco apprezzato sfortunato “Swansong”. Settanta minuti scarsi sparati senza sosta, per uno show che non ha fatto prigionieri e nemmeno regalato bis. Ma questa volta va benissimo così.
Successo completo quindi, headliner in ultra forma e un festival che è definitivamente pronto per il grande salto, rassicurandoci sullo stato di salute delle kermesse underground. Segnatevelo in agenda per il prossimo anno…
Grazie a Claudia Zappa