Chihiro Yamanaka, pianista/compositrice giapponese molto apprezzata negli Stati Uniti, ha portato le suo eccezionali doti artistiche anche in Italia. Nell’ambito del “Somethin’ Blue Tour 2014” della formazione a tre chiamata Chihiro Yamanaka European Trio, che comprende anche Mauro Gargano al contrabbasso e Michele Salgarello alla batteria, la talentuosa artista orientale si è esibita all’Alexanderplatz di Roma lo scorso 20 novemnbre 2014.
Lei è uno scricciolo, timida, un po’ impacciata, una voce tremula che presenta i musicisti e ci introduce al suo primo brano: “Somethin’ Blue” (Blue Note, 2014).
Che dire? Dopo un incipit delicato, quasi impressionista, c’è uno scatto in avanti sorprendente, complice una ritmica veramente incisiva ed efficace. E dunque si ascoltano le atmosfere frenetiche di NYC (quelle di Tokyo, purtroppo, le ignoro!), frequenti cambi di tempo, equilibrismi e virtuosismi, tanti accordi per 4e, tante scale pentatoniche, ma anche, nei punti nei quali il brano fa riprender fiato, momenti di lirismo che ci consentono di deglutire un po’ dell’adrenalina accumulata.
Le mani di Chihiro sono insolitamente grandi e spazzolano la tastiera dello Yamaha; lei stessa è tutta vibrazioni, carattere, personalità.
E così la serata scorre, tra brani originali oppure, nel caso di standard, rielaborazioni estreme (“Take Five” era del tutto metamorfizzato, con continui cambi di tonalità, obbligati, stacchi vs. la batteria e via dicendo).
Anche “Summertime”, tanto per dire, prende le mosse da “Estate” di Bruno Martino, giusto per gradire.
Oppure la “Sing Sing Sing” che ci riporta alle atmosfere da New York Yankees vs. Chicago White Sox con gli inni delle squadre che si alternano creando un intreccio di suoni che solo una grande intelligenza evita di far franare in cacofonia.
Bello, indubbiamente bello, ascoltare un blues che però si trasforma su un improbabile tempo di 7/8.
E ancora (in 130′ di concerto) il “Träumerei” di Robert Schumann (sempre un po’ traumatico ascoltarlo per il sottoscritto, abituato alle versioni di Horowitz o di Rubinstein), dove la nostra eroina dà sfoggio di una notevole tecnica classica.
Il finale è arricchito dallo special guest Fabrizio Bosso che, unendosi al trio, ci regala una bellissima “Bye Bye Blackbird” confermando che l’Alexanderplatz è sempre all’altezza della propria, meritata fama. E di questi tempi incerti non è poco!
Marco Lorenzo Faustini