Professionisti che sanno fare il loro lavoro, e vanno avanti malgrado tutto: ecco chi sono i Children of Bodom, che nonostante la cancellazione del tour europeo dei compagni di avventure (fino a scorsa settimana) Lamb of God, hanno portato il loro I Worship Chaos Tour all’Alcatraz di Milano il 24 novembre 2015.
Tempo di scaldare i motori con l’opening act dei nostrani Hell’s Guardian e il muro del suono innalzato dai britannici Sylosis, e Alexi Laiho e la sua Hate Crew salgono sul palco per uno show tirato e tecnicamente ineccepibile, glaciale e pungente come le lunghe notti finlandesi. L’ombra della morte incappucciata con tanto di falce si allunga sul pubblico (composto con mia grandissima sorpresa per la maggior parte da adolescenti o poco più) grazie al gioco di luci sullo stage che crea un bel colpo d’occhio e fa da contorno perfetto ed essenziale all’aggressione sonora dei CoB.
Il set esplora l’intera carriera della band, senza dimenticare nessuna release e concedendo tre pezzi in scaletta a “I Worship Chaos”, l’ultima fatica fresca di stampa. Tra le tirate più thrash di “Hate Crew Deathroll” e le tastiere psycho di “Hate Me!”, il buon Alexi “Wildchild” ci delizia con le sue urla death e le sue pose che mettono in mostra le chitarre customizzate, una più bella dell’altra.
Passando per “Bodom Beach Terror” e “Bodom After Midnight”, ci si avvia verso la conclusione di uno show che come da copione ha visto pochissima interazione con il pubblico, ma tant’è: le corna al cielo si alzano in ogni caso, le chiome si scuotono le stesso, e si cerca di non perdere l’utilizzo delle corde vocale tentando di imitare il vocalist.
La chiusura, senza encore e senza troppi complimenti, spetta alla stranota “Downfall”. Per chi ha già avuto modo di vedere dal vivo i Children of Bodom, niente di nuovo sotto il sole, ma chi era lì per la prima volta, ha partecipato a uno spettacolo che per tecnica ed equilibrio dei brani in setlist vale ogni singolo centesimo di quello che costa.