I dEUS si sono esibiti in concerto a Milano l’8 dicembre 2011 ai Magazzini Generali. Scrivere di un gruppo come il loro è una delle sfide più difficile che io abbia mai accettato, ma ci provo. Ci sono cose che dobbiamo tutti fare nella vita, almeno una volta: vedere Roma, leggere la Divina Commedia, fare bungee jumping e vedere un live dei dEUS. Sulle prime tre non posso darvi spiegazioni, è così e basta, sull’ultima invece ho le idee ben chiare. Non sono un gruppo di ragazzetti ventenni con le converse e il ciuffo che suonano tanto per farlo, e se commettono errori chi se ne importa, una risata una birra e ce ne scordiamo tutti, no. Loro sono un gruppo di musicisti capaci e fortissimi, sulle scene ormai da anni, con una discografia lunga e un’esperienza ancora più lunga.
[youtube beFMwY7O7yc]Se mettiamo insieme un frontman carismatico e magnetico come Tom Barman (39 anni e non dimostrarli), Mauro Pawlowski (quello che Wikipedia definisce “one of the key figures in the Belgian contemporary music scene”), un bassista (al secolo Alan Gevaert) preparato e anch’egli intonato, quindi un polistrumentista che aggredisce le corde del violino con il passo felpato di una pantera (ovvero Stéphane Misseghers) e shakeriamo il tutto, otteniamo una perfetta salsa belga equilibrata e piacevole sotto tutti i punti di vista. Alla lista dei motivi per andare a un live dei dEUS aggiungiamoci le idee geniali. Nell’era dei social network, della condivisione, dell’istantaneo, della geolocalizzazione e quant’altro, i deus usano il titolo del loro ultimo album “Keep you close” come slogan perfetto per invitare i presenti a twittare, postare su instagram e youtube usando l’hashtag #deus081211 per finire poi su www.deus.be/keepyouclose (io ho twittato e ci sono finita sopra, i dEUS mantengono le promesse, ndr).
[youtube IFKFymPQV4M]Se siete di quelli del partito “se non vedo non credo”, cercherò di mettervi davanti agli occhi quello che è stato uno dei concerti migliori che abbia mai visto. Alle 22 precise salgono sul palco e si schierano come fossero i Take That : in riga, uno a fianco all’altro, e rimarranno in questa posizione per tutto il concerto, ma non disturba, anzi, è interessante vederli cantare le stesse parole tutti insieme in così sistemati. L’inizio è di quelli col botto : “The final blast” e “Constant now” da Keep You Close, alternate a “The architect” e “Oh your god”, da Vantage Point , rispettivamente ultimo e penultimo album della band, due gioiellini davvero interessanti. Keep you close è uscito a settembre, non ha avuto l’attenzione che meritava, ma il pubblico lo conosce benissimo e intona tutti i brani, uno per uno. Dei nove pezzi contenuti nell’album la band ne presenta live ben 7, tra cui la traccia che da il titolo al tutto, “Keep you close”, poi “Ghost”, “Second nature” e “Dark set in”. Nonostante la lunghezza di alcuni momenti, la noia non arriva mai a farci compagnia, perché in ogni canzone c’è una particolarità che ci tiene tutti svegli e con gli occhi ben fissi sul palco, sia la voce ipnotica di Barman, la quasi imbarazzante bravura di Pawlowski o i mille strumenti suonati da Misseghers che in alcuni momenti sembra avere dei tentacoli al posto delle braccia. Notevole è il passaggio dai brani del 1994, quelli tratti dal primo album della band (ai tempi con una formazione diversa) a quelli di oggi, del 2011: a pensarci che sono passati 16 anni vengono i brividi, perché sono tutti così attuali che sembrano nati negli anni zero. E’ bello vedere la band salire sulla Delorean e andare indietro nel tempo, ripercorrere tutte le tappe della decennale carriera, e farlo insieme ai fan di vecchia data che alla prima nota di “Sister dew” e “Magdalena” (da The Ideal Clash, anno 1999) urlano con tutto il fiato che hanno in gola per celebrare il fatto che dopo anni c’ è qualcuno che ha ancora la voglia di fare (e bene) il proprio lavoro, e di farlo soprattutto divertendosi col sorriso, col sudore (tanto) e con delle code strumentali da far paura, che chiunque persona anche minimamente amante della musica apprezzerebbe, anche se non particolarmente fan del genere presentato dai dEUS (che io ancora non ho capito che genere è, ndr).
[youtube 0aaqBWoMpGw]Ottima la scelta di proporre i brani più datati nei due encore (si, due, la band esce e rientra per due volte), quasi a voler far soffrire un po’ i presenti impauriti di non sentire i loro pezzi preferiti. Rispettivamente nel primo presentano “Hotellounge”, “Sun ra” e “Fall of the floor, man”, ma è nel secondo che arriva l’exploit. Finale che più bello non si può, infatti, lasciato alle note di una “Suds & soda” che non si può descrivere con nessun altra parola se non ‘bella’. Quasi due ore di durata, che eppure non sono abbastanza, perché restano fuori brani come “Eternal woman” o “What we talk about (when we talk about love)”, ma va bene così, non si poteva chiedere di meglio, anche un momento di panico quale il problema alla chitarra di Barman sembra scritto nel copione, con un Pawloswski che prende la parola pur non sapendo che dire, e facendo sorridere tutti quanti. Mi raccomando, dunque, andate a Roma, leggete Dante, buttatevi giù da un ponte attaccati a una corda ma, soprattutto, non dimenticate di andare a un concerto dei dEUS. Promettetelo solennemente.
Setlist: The final blast, The architect, Costant now, Oh your god, slow, Second nature, Instant street, If you get what you want, Dark set in, Magdalena, Ghost, Keep you close, Sister dew, Bad timing, The end of romance, Sun ra, Fell of the floor man, Hotellounge, Suds&soda.
Denise D’Angelilli