Succede che vai al concerto dei The Subways a Milano il 10 novembre 2011, uno show di un gruppo che ti piace, ma come te ne piacciono altri mille, e succede che torni a casa pensando “ma perché li ho considerati così poco in passato?” Ma facciamo un passo indietro. È il 2005 quando sulla scena musicale inglese e non si affaccia un terzetto dell’ Hertfordshire, tali The Subways. Singoli trascinanti, quell’indie rock mai noioso che tanto piace ai britannici, e un cantante simpatico e pazzoide che accalappia i cuori delle giovani indie girl (e una bassista biondo platino che rapisce quello dei maschietti, ovvio). Fin qui tutto normale, apparizione live con due brani in una puntata di O.C, pezzi usati per campagne pubblicitarie, tour con band pregio, insomma tutto come da copione (e poi ammettiamolo, tutti almeno una volta abbiamo canticchiato “Be my little rock&roll queen”, magari anche senza sapere chi fosse a cantarla).
Non è da copione, invece, la loro presenza scenica nei live. Sulle ringhiere fuori dal Tunnel ci sono due grandi cartelli con scritto sold out. Il locale è pieno zeppo di persone. Penso: accidenti quanti fan che hanno sti Subways (anche il banchetto è pieno, nonostante le maglie costino ben 20 euro…). Alle 22.10 spaccate arrivano sul palco, il boato del pubblico è così forte che mi spavento persino un po’.
Il primo pezzo è “Oh Yeah”, uno dei più vecchi, e accidenti se mi spettina i capelli. Ottima scelta quella di aprire lo show con uno dei brani più energici, e infatti il pubblico si scatena fin da subito, si salta si canta e si balla, e io mi arrampico sulla transenna laterale per evitare di tornare a casa con dei lividi e senza una scarpa. Lo show si articola in un’ottima miscela di canzoni vecchie (quelle dei primi due album, ”Young for Eternity” del 2005 e “All or Nothing” del 2008), come “Mary”, “Shake! Shake!” e la più famosa e già citata “Rock and Roll Queen” che fa tremare pareti e pavimenti, e alcune dell’ultimo lavoro uscito da poco “Money and Celebrity”, quali “We don’t need money to have a good time” e “Kiss Kiss Bang Bang”. Il cantante Billy Lunn ha i capelli più rossi che io abbia mai visto, e si mostra molto disponibile col pubblico, è un grande intrattenitore che non la smette di dire “ciao Milano, grazie Milano”, mentre la bionda Charlotte Cooper si avvicina al microfono per un “Italia, grazi” che fa sorridere un po’ tutti quanti. Il terzo componente della band è Josh Morgan, il batterista, ma si sa che del batterista non si parla quasi mai, a meno che tu non sia Matt Helders. Sembrano molto contenti della risposta di un pubblico caloroso e scatenato, tanto da dichiarare verso la fine “we will definitely, DEFINITELY, come back to italy!”.
Non mancano i momenti di puro intrattenimento: Billy Lunn si gioca tutte le carte che conosce per cercare di coinvolgere il pubblico, dai coretti a comando (“adesso canta solo la parte destra del pubblico, adesso solo la parte sinistra”, molto gioco aperitivo dei villaggi vacanze eppure tutti hanno apprezzato) alla pazza richiesta del “the best circle pit in Italy”, e via tutti in tondo a correre come se il Tunnel fosse Piazza Duomo. Dopo una pausa di appena 5 minuti il terzetto torna sul palco per le ultime tre canzoni, nell’ordine “Kalifornia”, “@1am” e una “It’s a party” che conferma la loro bravura e anche la loro pazzia, con Billy che mostra i tatuaggi lanciando la maglia e con uno stage diving degno di essere chiamato tale, si butta sulla folla più e più volte coi capelli rosso fuoco che svolazzano e un gran sorriso sulle labbra. Finito. Complimenti per l’organizzazione perfetta, e gli orari rispettati spaccando il secondo, e Grazie The Subways, perché esco dal Tunnel pensando “oh yeah!”. E ammetto che 20 euro, se li avessi avuti, per la maglia ce li avrei spesi volentieri.
Setlist: Oh yeah, Young for eternity, Obsession, Alright, Mary, We don’t need money to have a good time, Popdeath, Shake! Shake!, I want to hear what you’ve got to say, Rock & Roll queen, Celebrity, Kiss kiss bang bang, Turnaround, With you, Kalifornia, @1Am, It’s a party.
Denise D’Angelilli