Avrò visto i Deep Purple dal vivo una quindicina di volte e chiunque mi conosce sa che ogni volta è il concerto della vita. Quindi mi ripeterò anche oggi, per non deludere i miei cari: quello di Varese è stato il concerto della vita. La differenza è che questa volta è la verità…
Vi è mai capitato di trovarvi a un concerto e sperare di sentire qualche pezzo che per voi significa moltissimo, pur non essendo uno dei capisaldi della band? Chissà quante volte. Be’ a Varese è successo tutto quello che un fan dei Deep Purple come me avrebbe desiderato: pezzi classici a volontà, scaletta ampliata rispetto alle date precedenti del tour (cosa assolutamente inusuale per il gruppo), improvvisazioni come “alli belli tempi” e super chicche che solo nei tuoi sogni più perversi…
Il fatto poi di disporre della scaletta della data precedente, sconvolta poi nella notte varesina, non ha fatto altro che aumentare a dismisura il mio piacere nel momento in cui veniva eseguita una canzone inattesa: tra i momenti di maggior estasi ricordo le facce sconvolte di chi mi circondava durante l’esecuzione di “The Battle Rages On” (da quanto volevo sentirla) o il terrore negli occhi di chi mi sentiva cantare a squarciagola “Mary Long”. Ma partiamo dall’inizio.
“Pictures Of Home” è forse l’inizio migliore che i cinque possano presentarci, col suo inizio roboante fatto apposta per scaldare il pubblico infreddolito dalla temperatura esterna vicino allo zero; poi uno dei pezzi più recenti, “Things I’ve Never Said”, outake di “Rapture Of The Deep”, escluso inspiegabilmente dalla tracklist dell’album, seguito a ruota da due super classici come “Into The Fire” (ovazione) e “Strange Kind Of Woman”, che fa davvero decollare lo show. Da qui in poi sarà tutta un’emozione senza fine, fatta di canzoni che hanno segnato un’epoca, mischiate alle idee migliori sfornate negli ultimi anni. E’ bello sentire come “Kiss Tomorrow Goodbye” o “The Well Dressed Guitar” non stonino assolutamente insieme a “Lazy” o “Perfect Strangers”. All’improvviso, però, il momento che cambia la serata: la chitarra di Steve Morse intona le prime note di “Loosen My Strings” (Purpendicular, 1996), forse per la prima volta in sede live, e finisco di essere corpo, diventando puro spirito. Finale classico con “Highway Star”, l’immancabile “Smoke On The Water” (basta!) e poi tutti ad aspettare i bis, che la mia scaletta fuffa indica come davvero deludenti. Invece anche qui le sorprese sono plurime: una versione di quindici minuti di Speed King (dopodiché la morte non fa più così paura) seguita da assolo super tamarro di Ian Paice, che forse è uscito dal tunnel, “Hush”, “Black Night” e solo di Glover. Se Dio esiste uscirà il dvd.
Setlist: Pictures of home / Things I’ve never said / Into the fire / Strange Kind of woman / Rapture of the Deep / Mary Long / Kiss Tomorrow Goodbye / Contact Lost / Guitar Solo – Guitar Parade / Well Dressed Guitar / The Battle Rages On / Lazy / Loosen My Strings / Keyboard Solo / Perfect Strangers / Space Truckin’ / Highway Star / Smoke on the water. Encore: Speed King + Drum solo / Hush / Black Night + Bass Solo.
L.G.