Eddie Palmieri alla Casa del Jazz, 15 luglio 2011

Eddie Palmieri Casa Del Jazz 15 Luglio

C’è una cosa che debbo dirvi: qui alla CdJ vieni ad ascoltare gli originali. Qualcuno lo ritrovi un po’ malandato, perché gli anni passano, qualcuno ancora in splendida forma. Ma si tratta di artisti che hanno fatto la storia di questa musica. Mille volte meglio ascoltare loro, amici miei, che gli imitatori. Quelli che provano, quasi sempre fallendo miseramente, ad emulare il suono di John Abercrombie oppure una frase di Ron Carter o un accordo alla McCoy Tyner.

Perché vedete, amici miei, il jazz è una musica che è come il poker, e non puoi giocare la mano di un altro.

Prendi stasera: arriva il buon Eddie Palmieri (Puerto Rico, 1936) e con tutti i suoi anni ci fa ascoltare il Latin Jazz. Perché lui era uno di quelli che, insieme al suo mitico fratello Charlie, il Latin Jazz l’ha messo al mondo.
Come Tito Puente, come Ray Barretto, come Mongo Santamaria

I libri, i manuali di improvvisazione jazz spesso insegnano pattern e fraseggi che lui, insieme ad altri, ad un certo punto della storia, ha tirato fuori.

Con questo non sono lì a fare l’agiografia di Eddie Palmieri. Ne riconosco i limiti tecnici, la mancanza di un tocco intermedio che è pura beffa della natura, perché le articolazioni, a 76 anni, non sono quelle di un trentenne. E sul palco tutto ciò si vede. E si sente.

Ma lo stesso palco restituisce pure, immacolate, la classe, la grinta, la vitalità, l’allegria dell’uomo.

Eddie costruisce, da regista intelligente e sensibile, una macchina di ritmo che lancia gli spunti all’ottimo trio che lo accompagna.

Dall’inarrivabile Horacie “El Negro” allo splendido ed eccentrico Brian Lynch al giovane e sensuale contrabbassista Luques Curtis.

Tutti e quattro ci conducono in una complessa trama di ritmi dove gli assoli si inseriscono l’uno dentro l’altro in un solo medley di un’ora e mezza di ininterrotta musica, che diviene più travolgente.

Se chiudi gli occhi puoi facilmente immaginare un’orchestra di fiati, senti la percussione dei timbales, dei bongos, con la gente che balla su spiagge dai nomi esotici. E questi quattro signori riescono a mantenere sospeso l’incantesimo. Bellissimo.

Venite a godervi il fresco alla CdJ. Venite a vedere anche questi reduci. Un  po’ malridotti, un po’ malandati. Ma sempre grandi.

Eddie Palmieri pianoforte
Brian Lynch tromba
Luques Curtis contrabbasso
Horacio “El Negro” Hernandez batteria

Marco Lorenzo Faustini

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