Eivind Aarset – Casa del Jazz, Roma 12 maggio 2009

Sonix Codex
Eivind Aarset: chitarra, elettronica
Audun Erlien: basso elettrico
Wetle Holte: batteria/percussioni

E’ stata una bellissima serata quella offerta dal trio del chitarrista Eivind Aarset dove ci è stato presentato, da Isio Saba (Around Jazz), il progetto “Sonic Codex”, il più recente tra i tanti intrapresi dal musicista norvegese, realizzato con la collaborazione di Audun Erlien al basso e di Wetle Holte alla batteria/percussioni.

Più che raccontarvi i brani che abbiamo ascoltato proverei a descrivere il metodo di costruzione degli stessi, una modalità di tipo ‘bottom-up’ e che cioè parte da un nucleo quasi elementare, da una cellula sonora pura e semplice, sulla quale si va innestando, strato dopo strato, tutta la successiva struttura sonora.

E’ come partire dal silenzio e costruire un piccolo loop (in questo l’elettronica offre al nostro amico ampia possibilità di espandere la propria creatività sonora) intorno al quale gemmano, con chimica lentezza, come in una sorta di lenta lievitazione del materiale, i successivi apporti della batteria e del basso elettrico. Le sonorità vanno dal visionario al rock più duro, e la maestria dei musicisti si esplica proprio attraverso il controllo della pressione sonora, dal pianissimo a quello che nelle partiture classiche si indica con ‘ff’, fortissimo.

I suoni della chitarra, ampiamente processati, creano atmosfere che ben rievocano paesaggi interiori che corrispondono, personalmente, all’idea delle Terre del Nord. Ma nel contempo questa freddezza è temperata dall’uso di scale anche arabe (specie nelle linee del basso) e da figure percussive che spesso si rifanno anche alla tabla e al flamenco.

Sta di fatto che i brani ci portano ad una sorta di trance e ad un’atmosfera da musica house ricchissima, però, di spunti ritmici, di variazioni, di tempi dispari, di ponti ed obbligati. Ossia la ripetitività è lontanissima dalla monotonia.
Ricapitolando: la lezione del ‘suono ECM’, di Terje Rypdal, di Jan Garbarek, le influenze di Hendrix, dei Deep Purple, dei Return to Forever si fanno sentire, felice sintesi di stili, di generi e di approcci che ci emozionano e ci coinvolgono. Il tutto condito da una profonda onestà intellettuale che, nei concerti ‘live’, traspare in tutta la sua pienezza. Molto molto bello.
Da non perdere.

Marco Lorenzo Faustini

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