Questa terza edizione dell’Evolution Fest, inutile negarlo, è stata inferiore alle 2 precedenti. Nonostante una location più centrale e facilmente raggiungibile (anche se indubbiamente meno paradisiaca di Toscolano Maderno) il pubblico non risponde come dovrebbe, complice probabilmente un bill non certo da strapparsi i capelli unito alla spietata concorrenza della Live-piglia-tutto di quest’anno.
Prima di iniziare a parlare dell’aspetto musicale di questo Evolution Fest, mi si permetta una piccola premessa sulla location, sicuramente buona, comoda da raggiungere, con tanta ombra e un bel prato ma con pochi servizi nelle vicinanze e la pressoché totale assenza di rubinetti e/o docce. Praticamente assenti, invece, gli stand che avevano fatto invece da interessantissima cornice all’edizione dell’anno scorso.
C’è anche un’altra considerazione da fare e questa riguarda il pubblico. Il clima dell’Evolution è quasi un clima festoso da raduno, la musica, in alcuni casi, sembra passare in secondo piano e ci piacerebbe che, in futuro, questo aspetto venisse sempre più preso in considerazione e valorizzato in modo da creare un evento in un certo simile ai grandi raduni tedeschi.
Aprono il festival i giovanissimi Flashback Of Anger e dobbiamo ammettere che non difettano certo d’impegno. Purtroppo la loro proposta è assai datata, un power metal alla crucca molto melodico e privo di artigli. I nostri comunque se la cavano, affrontando il pubblico con sicurezza. Per gli estimatori del genere sono sicuramente una band da tener d’occhio.
Possono bastare un cappello a cilindro e un collage di roba (famosa) altrui? Pare proprio di no. Il metal fin troppo evidentemente ispirato a Operation Mindcrime dei King Crown non sembra infatti sortire un grande effetto. Peccato, perché i ragazzi romani sanno suonare ma, come noto, tra suonare e fare musica interessante c’è un abisso.
I Gory Blister sono un altro di quei gruppi che propone roba vecchio stampo, Death Metal, per la precisione, ma, almeno, i nostri lo fanno dai primi anni ’90. La differenza con le band precedenti è subito evidente, superficialmente potremmo parlare solamente di maggiore esperienza. In realtà i nostri appartengono a quella vecchia guardia, il loro obiettivo è quello di assalire il pubblico senza fare prigionieri. Di suonare metallo senza pose e altre cazzate. L’ottima prova dei Blister si chiude poi con ‘1000 Eyes’, un tributo a Chuck Schuldiner che, pur se suonato in modo non certo ineccepibile, ci lascia soddisfatti.
E’ la volta dei Behemoth. Adesso, i polacchi salgono su un palco a mezzogiorno, vestiti da panda borchiati, con dei suoni puliti e grossi sparando il loro black metal for dummies sulla folla. Professionali sono professionali, ma non parlateci di nera fiamma e necro culto. Non basta tirar giù moccoli in italiano per essere black metal. Come dicevamo, i Behemoth sono una band che sa fare il proprio mestiere, il loro death-thrash metal (perché di questo si tratta) è però totalmente derivativo sfiorando più e più volte il plagio (abbiamo sentito riff degli Slayer, dei Testament, degli At The Gates e degli Anthrax durante la loro esibizione). Il loro pubblico è però visibilmente soddisfatto, meglio così.
Discorso simile può essere fatto per i Kataklysm, piuttosto vicini ai Gory Blister come proposta ma troppo statici sul palco. Li abbiamo trovati noiosi e fin troppo ripetitivi. Onestamente non sapremo che altro dire sull’esibizione della band canadese.
Senza fare altri preamboli, il vero evento di questo Evolution sono loro: i Cynic. Alcuni dei presenti aspettavano questo momento da 13 anni e, se il mondo fosse giusto, avrebbero occupato un posto in scaletta migliore. La band, guidata da Paul Masvidal è schiva, distaccata, propone la sua mistura di death metal e jazz con classe ed eleganza. Davanti a noi abbiamo 4 musicisti da fantascienza che suonano per 45 minuti delle partiture tanto improbabili quanto ricchissime di fascino. Davanti a noi abbiamo la prova evidente che ‘Focus’ era davvero troppo avanti rispetto ai suoi tempi, forse oggi abbiamo gli strumenti per capirlo e vista la quantità di magliette dei Cynic in giro, è questa la generazione che riuscirà, speriamo, ad apprezzarli davvero. Unico neo dell’esibizione è la voce sporca registrata, scelta fra l’altro abbastanza inconcepibile che viene però perdonata per l’idea di far cantare con loro su Uroboric Form un fan (Giaccòmo, come verrà annunciato dallo stesso Masvidal) vincitore di un apposito contest.
Personalmente avevo abbandonato i Kamelot dopo la svolta powerotta e, dopo aver ascoltato la produzione più recente della band, non penso che tornerò sui miei passi. La band di Thomas Youngblood sale sul palco convinta, a ragione, dei propri mezzi, il pubblico è tutto con loro e Khan si dimostra un frontman di prim’ordine (nonostante un look decisamente imbarazzante). La sensazione è comunque quella di aver assistito a un’esibizione di validissimi mestieranti. Resta anche la perplessità sulla necessità di portarsi dietro una corista carina quanto imbalsamanta.
Mestieranti per mestieranti, ecco i Sodom, forse i più autentici manovali del metallo oggi in circolazione. Oh, sono dei divertentissimi rulli compressori, non c’è niente da fare o da dire in proposito, ma nessuno mi convincerà che questi ancora vadano avanti per passione o entusiasmo. Alla fine suonare metallo è sempre meglio che lavorare in miniera… e comunque viva i Sodom.
Rivedo i Fates Warning su un palco dopo 12 anni. Il tempo è passato impietoso, soprattutto a farne le spese è stato il povero Ray Alder con tanto di capello brizzolato, pappagorgia ed evidente affaticamento vocale. Fa davvero male al cuore vedere un cantante di razza ridotto in questo stato, ma il massacro perpetrato ai danni di ‘Point Of View’ parla da solo. Il resto della band invece è, come sempre, all’altezza della situazione, in particolare Joey Vera e Bobby Jarzombek (basso e batteria) sono due vere macchine da guerra.
I Virgin Steele sono stati invece un’autentica tortura. DeFeis è sempre in ottima forma fisica, ma questo giro, purtroppo, non si può dire lo stesso della voce: troppi urletti e falsetti a sproposito a massacrare le sue stesse linee vocali (parliamo di ‘The Burning Of Rome’?), inoltre una scaletta davvero troppo lunga che, visti i ritardi, sarebbe stato il caso di potare di 2-3 pezzi. Note a margine, la totale assenza di un bassista on stage e l’inguardabile nuovo look omoaffettivo di Pursino.
Per fortuna ci sono i Nervermore, se le prove da studio sono sempre meno convincenti, dal vivo è tutt’altra questione. Warrel Dane e soci salgono sul palco con il chiaro intento di spaccare tutto. Lo fanno con la precisione e la potenza che li contraddistinguono, nonostante alcuni problemi di salute di Dane. Per quest’esibizione al basso abbiamo Joey “prezzemolino” Vera, chiamato a sostituire Jim Sheppard, che, al solito, ha offerto la solita performance perfetta. I Nevermore sono, fra l’altro, la prima band a far registrare un autentico pienone sottopalco.
Alla fine arriva Sebastian Bach, lo fa alla sua maniera, da grande rock star. Scatenato e forte di una band di ottimi gregari il nostro inveirà per tutto il concerto contro un certo Dave, colpevole di aver perso il suo fogliettino con le frasi in Italiano da leggere al pubblico. Però, signori, che classe, che stile, che rocker di razza, non si può davvero muovere alcuna critica a un personaggio così. È lì, sul palco, tiene il pubblico in mano, può fare ciò che vuole, anche inserire a sorpresa ‘Godzilla’ nel bel mezzo di ‘Monkey Business’ (e se non sapete di cosa parlo, spegnete il computer e cercate di recuperare il tempo perduto). Bach va oltre, permettendosi di improvvisare scagliando improperi al posto e sopra il testo di ‘Youth Gone Wild’ quando salterà la luce sul palco, illuminandosi da solo con una torcia elettrica.
Purtroppo, si sa, noi Italiani non perdiamo mai l’occasione di dimostrarci caciottari. I Fiorentini sono gente ligia e, dopo la luce, a Bach staccheranno pure la corrente, interrompendo lo spettacolo a pochi minuti dalla fine dell’ultimo brano.
Il giudizio finale sulla giornata è comunque ampiamente positivo, musica, ottima organizzazione, ottimo clima e bella gente…da non sottovalutare l’altissima percentuale di ragazze più che piacenti presente.
Concludiamo ringraziando Loud Session per il pass stampa e gli amici Leonardo e Andrea di Metallus per la compagnia.
S.D.N.