Glenn Hughes – Milano, 19 febbraio 2017

Termina a Milano domenica 19 febbraio 2017 il minitour italiano di Glenn Hughes (di seguito report, scaletta e foto del concerto). Il musicista britannico, conosciuto per i suoi trascorsi nei Deep Purple e nei Black Country Communion, ha portato sul palco del Serraglio i brani del suo ultimo studio album “Resonate”, uscito lo scorso anno e il cui tour di promozione ha subito uno slittamento di un paio di mesi rispetto ai piani iniziali.

Il report del concerto

È un Glenn Hughes carichissimo quello che dopo il concerto di Bologna si presenta al Serraglio di Milano per presentare il suo disco solista di recente uscita “Resonate”. La serata lievemente nebbiosa di Milano porta un pubblico variegato al Serraglio, composto da fan di tutte le età, perché Glenn abbraccia una carriera lunga e gloriosa fatta di alti e bassi, di momenti di accecante luminosità alternati a fase di oscura tenebra, tutti incarnati in un’anima sensibile e dal talento sconfinato.

Tocca agli inglesi Stone Broken scaldare l’attesa del pubblico, proponendo un hard rock moderno di lieve stampo southern rock americano. Oltre a offrire una manciata di pezzi melodici e potenti molto divertenti e piacevoli, il gruppo dimostra di avere quel fuoco che anima i musicisti che si approcciano alla musica suonata con tutta la passione dell’esordio, senza le disillusioni o pressioni commerciali che prima o poi inevitabilmente arrivano. Mi hanno ricordato i Black Stone Cherry agli esordi, prima che si sgonfiassero dilaniati dalle lame affilate della celebrità. Auguriamo tanta fortuna e longevità a questi ragazzi (la signorina alla batteria ha veramente spaccato) con la speranza che continuino a divertirsi sul palco con umiltà, perché il pubblico percepisce sempre se suoni per passione o per soldi.

Passano le dieci di sera ma grazie agli opener non c’è nervosismo e nessuno è spazientito dall’attesa, così che quando la band cede il passo alla salita del grande Glenn Hughes sul palco del Serraglio esplode un subbuglio di urla e giubilo del pubblico, tra attempati fan dei Deep Purple e nuove leve che vivono della passione del rock. E uno di questi miti è sul palco che imbraccia il suo basso, indossa i suoi occhiali dalle lenti scure tonde di stile lennoniano e il suo foulard ad abbracciare quella gola così precisa e potente, capace di sprigionare un’incredibile gamma di note e una potenza disarmante.

Glenn Hughes pare non risentire minimamente delle primavere che si sono accumulate sulle sue ossa e si presenta con una forma e un’attitudine veramente strepitosa. Le note della sabbatthiana “Flow”, dall’ultimo album “Resonate”, squarciano l’atmosfera del Serraglio e accompagnano la voce di Glenn, che come sempre è acuta e dirompente, mettendo a dura prova l’impianto audio del locale. Glenn è ispirato e la sua immensa sensibilità umana è accesa e pulsante questa sera, deciso a creare una sinergia con il pubblico. Glenn parla molto, e presenta le sue canzoni come tanti episodi di una battaglia lunga una vita, che ha le sue ferite e i suoi trionfi, i suoi alleati e nemici, i suoi caduti. Così ci spiega come vuole impostare la serata.

Glenn vuole le luci accese, perché vuole che la gente lo veda negli occhi fin dietro le lenti scure degli occhiali. Ma non solo. Dichiara di voler vedere in faccia ognuna delle persone per le quali sta facendo musica, perché sente di avere con il pubblico italiano una sinergia particolare, e dopo un non meglio specificato momento drammatico della sua vita, vuole reagire come ogni artista geniale fa con l’arte. Creandone cioè sempre di più, con l’intento di esorcizzare il male trasformandolo in bellezza.

In un eccentrico locale che “Sembra il mio garage!” Glenn presenta i suoi pezzi, facendo impazzire il pubblico più stagionato con le note di “Getting Togheter”, celebrando ancora una volta la sua annosa amicizia con David Coverdale, suo compagno d’armi per una delle tante stagioni musicali dei Deep Purple, celebrati anche con “You Keep On Moving” e con la consueta chiusura con il monumento “Burn”. Non prova che amore per i Deep Purple Glenn, ma non si risparmia nel dichiarare passione per tutti, pubblico compreso, con dichiarazioni mirate e risposte personali a ognuno degli estimatori presenti in sala.

L’atmosfera è diventata intima, di affinità di anime, e così si snoda tutto questo fantastico concerto. La band accompagna egregiamente il protagonista indiscusso, che sfodera come sempre degli acuti impressionanti. Vengono omaggiati anche il suo super gruppo, i Black Country Communion, che le cronache danno in procinto di produrre musica nuova grazie al riavvicinamento del bassista e cantante a Joe Bonamassa, che con Jason Bonham alla batteria formano il gruppo dei sogni di molti. “Medusa” e “Black Country” sono gli estratti da questa esperienza, mentre l’esplosiva “Soul Mover” ci ricorda l’omonimo disco solista del 2005. La portentosa “Heavy”, singolo di lancio dell’ultimo album non poteva mancare.

Glenn “The Voice Of Rock” ci saluta con un arrivederci, un maestro che ci insegna e ricorda che per essere miti del rock bisogna non solo essere dei fuoriclasse e avere una tecnica sopraffina, ma anche che bisogna amare profondamente quello che si fa e che ci vuole tanto, tantissimo coraggio per salire su un palco e tirare fuori tutto quello che si ha.
Per fare rock, per vivere.

La scaletta del concerto

Flow
Muscle and Blood (Hughes/Thrall)
Gettin’ Tighter (Deep Purple)
Stumble & Go
Medusa (Trapeze)
Can’t Stop the Flood
One Last Soul (Black Country Communion)
You Keep on Moving (Deep Purple)
Might Just Take Your Life (Deep Purple)
Soul Mover
Black Country (Black Country Communion)
Heavy
Burn (Deep Purple)

Le foto del concerto

A cura di Mairo Cinquetti.