Forti di un disco che sta piacendo quasi a tutti, gli svizzeri Gotthard calcano il palco del Live Club di Trezzo per l’ultima delle tre date italiane previste per il “Need to Believe Tour”. In questa occasione l’opening act è stato affidato ai nostrani The Clairvoyants, conosciuti ai più come tribute band degli Iron Maiden.
Reduci dal loro primo disco di inediti, “World to the Wise”, la band esegue cinque pezzi tratti dal debut album, senza tuttavia scaldare il pubblico. Il fatto che il boato si scateni solo al termine dell’ultimo brano, “Step Aside”, lascia intuire come i cinque non siano stati in grado di fare breccia nel pubblico, vuoi perché troppo impostati e tecnicamente carenti, vuoi per l’insufficiente songwriting. Altro punto debole il cantante, Gabriele Bernasconi, non all’altezza sia dal punto di vista vocale che di frontman, costretto ad utilizzare harmonizer e basi di cori sui propri brani. Forse una serata storta forse no, fatto sta che i Clairvoyants non sono stati in grado di convincere per niente, e l’arrivo dei Gotthard sembra proprio essere non solo il motivo dell’acquisto del biglietto, ma anche una benedizione per la maggior parte dei presenti. Peccato.
I Gotthard sono sinonimo di professionalità e attaccamento ai fan. Steve Lee e soci salgono sul palco proponendo da subito uno show rovente, incentrato sia sui brani del nuovo disco, “Need To Believe”, sia sui classici, dal primo al penultimo “Domino Effect”. Leo Leoni e Freddy Scherer fanno ruggire le chitarre e il simpatico Marc Lynn dimostra di essere anche un solido bassista ed un ottima seconda voce. I suoni ci sono, la gente è calda e anche quell’autentico showman di Steve Lee lo percepisce, invitando i presenti, in perfetto italiano, a lasciarsi alle spalle i propri problemi, almeno per una sera…una sera di rock ‘n’ roll.
“Gone Too Far” aizza il pubblico al pari di “Top of the World”, alle quali segue la title track dell’ultimo lavoro, “Need To Believe”, che fa da apripista ad un simpatico sketch tra Leo Leoni e Steve Lee, che si cimentano in un duetto scherzoso tra chitarra e voce per trovare il limite di Steve, bravissimo per tutta la serata e probabilmente senza limiti vocali. Il singer, dai vocalizzi e dalle battute passa all’armonica per accogliere il boato del pubblico sulla southern bluesy “Sister Moon”, bissata dall’immancabile cover di “Hush”.
I successi e i nuovi brani si susseguono senza troppe pause, la band gioca con il pubblico e non smette mai di ringraziare tutti i presenti, dedicando ai partecipanti un premio Oscar, quello di “The Oscar Goes to You”. Nel mezzo anche un enfatico momento acustico a richiesta che trova il suo apice nell’immancabile “Heaven”: Steve Lee è in forma strepitosa e dimostra in ogni momento perché anche un vecchio dinosauro saggio quale Mr Jon Lord, lo abbia voluto con sé nei suoi recenti progetti musicali. La nuova ed efficace “Shangri La”, “I Know You Know”, l’osannata “Lift You Up” e la conclusiva “Anytime Anywhere” chiudono una serata trionfale per una band che in Italia ha trovato la sua dimensione e che in Milano e dintorni ha la sua roccaforte verde biancorossa.
In altre città europee questa band riempie palazzi ancora più grandi…la sensazione è che non ci sarebbe niente di scandaloso se dovesse capitare anche qui, un giorno. Promossi.