Il mio Hellfest 2016

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Chi di voi non ha mai sentito parlare dell’Hellfest? Quella del 2016 è già l’undicesima edizione di quella che potremmo definire la Disneyland del metallaro! Un po’ in sordina e forse quasi incredulo di poterlo fare (sì, nonostante i miei 45 anni tengo famiglia e devo chiedere permesso a mio figlio che di anni ne ha solo 10) mi organizzo e preparo la mia trasferta in terra francese per questa tre giorni “infernale”.

Quest’anno la kermesse durerà dal 17 al 19 giugno, io con fantozziano anticipo mi presento il 16 all’aeroporto milanese alle 14:30 con il volo che deve partire alle 17:55. L’ansia di calarmi in quel mondo mi sale come una carogna sulle spalle. Il tempo non è dei migliori ma con entusiasmo e proverbiale ottimismo mi dico – “Cazzo me ne frega, prendiamo quello che viene”. Tempo zero e sullo scalo di Malpensa, Satana in persona scatena un nubifragio terrificante. Appena visti scendere sulle piste i fratelli Abbagnale il mio ottimismo comincia a scricchiolare ma non mollo. Il volo parte con quasi un ora di ritardo ma tutto fila liscio e si atterra a Nantes.
Comincia ufficialmente il mio Hellfest 2016. All’uscita dell’ aeroporto mi si para già davanti la navetta dell’organizzazione pronta alla volta di Clisson, quaranta minuti di viaggio e taaac si arriva alla rotonda dove capeggia una chitarra di 10 mt di altezza che da il benvenuto alle porte dell’inferno.

Tempo di infilare il braccialetto-pass dei tre giorni e dall’Hell Gates di entra nella Hell Square. Mi sento sopraffatto dall’emozione: sembra di essere entrati in una piccola città dove tutto profuma di metallo a partire dagli edifici Gibson, Rock a GoGo, Il MetalMarket e a lato c’è anche un’ immagine enorme di Lemmy Kilmister a ricordarci che lui non c’è più, ma che la sua anima è ovunque ci sia Rock. C’è anche una coda enorme al presale dei biglietti 2017: qui si compra a scatola chiusa non frega un cazzo a nessuno chi farà parte del bill, quello sarà a prescindere una garanzia (anche perché ci vanno TUTTE le band metal a priori ogni anno, ndJC). Morale, biglietti bruciati a tempo di record.

L’ingresso al Cathedral è ancora chiuso, i battenti apriranno solo domani alle 10:00 ma il solo vedere l’accesso a ciò che sarà luogo indiscusso di concerti per oltre 14-15 ore al giorno pompa già adrenalina nelle vene. Per il soggiorno ho optato per la soluzione Easy Camp quindi volo a prendere posto. La scelta delle tende in cartone non credo sia stata delle più felici anche perché quella che all’apparenza è una tenda a 2 posti, con l’umidità della notte e con la pioggia, si trasforma presto in un loculo a mezzapiazza in cui speri non debba mai scapparti una scoreggia onde morire ebbro dei propri gas.

Vabbè dettagli. Un vero metallaro non si deve mai preoccupare di simili quisquilie.

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Sistemo la roba e cerco qualcosa da mettere sotto i denti, francamente non ricordo cosa ho trovato da mangiare ma sicuramente ho trovato la birra. Un po’ di giri qua e là per prendere dimestichezza con il luogo e via a dormire. Dormire?!?! Ho tanta di quell’adrenalina in corpo che i miei occhi non si chiudono manco col bostik. Adrenalina a parte c’è un “leggerissimo” rumore di sottofondo che impedisce la concentrazione. Ho sentito rutti a decibel mai uditi prima e alzo le palette con relativi voti ad ogni emissione, un modo simpatico per passare il tempo in assenza del sonno.

Arriva il Venerdì e si aprono le danze. C’è coda per entrare al Cathedral per i controlli che paiono essere meticolosi, ma dati i tempi che corrono va bene così. Finalmente si giunge alla zona dove si svolgono i concerti, anche qui disseminati ovunque edifici in metallo con sculture di ogni genere; alla notte questi si illuminano con torce e fuochi di ogni genere e colore. Ci sono ben 6 stage a disposizione e ce n’è per tutti i gusti: Valley – Temple – Altar – Warzone – Main Stage 1 – Main Stage 2.

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Programma alla mano, mi metto a segnare cosa vedere e quando, con il patema di riuscire a fare in modo di seguire tutto ciò che mi interessa, ma anche ciò che mi è stato consigliato da persone molto più istruite di me in materia. Zompo a destra e sinistra come se non ci fosse un domani e scopro il primo gruppo consigliatomi che non conoscevo, i Solefald.
Musica a parte qui il festival lo fa anche la gente, tra l’altro numerosissima. Lo fa la gente con i suoi colori e costumi. Gente che indossa costumi da cosplayer più o meno home-made, copricapi di ogni genere e forma, asce, spade, scudi…insomma di ogni. Sarà l’atmosfera ma io giro con il mio bicchiere HELLFEST acquistato alla modica cifra di 1 Euro e lo faccio riempire quando è vuoto, bene o male o un bar o un omino con la botte sulle spalle si trova sempre e si paga con la cashless, una carta prepagata sulla quale vengono scalati i soldini. Per mangiare no problem la scelta è varia: nella zona all’ingresso del Cathedral e nella WarZone gli stand ristorante abbondano. Si va dall’argentino all’ungherese, insomma ce n’è per tutti i gusti. Un po’ di pioggia qua è la ci tiene compagnia ma per fortuna non rovina la giornata.
Al calar delle tenebre conto quasi una decina di concerti visti con una menzione particolare per Overkill, Sadist e Vader. A margine aggiungo un aneddoto; al concerto degli Over Kill è successa una cosa che mi rende orgoglioso di appartenere a questo popolo di gente vestita di nero con teschi e metallo dappertutto: Il crowd surfing fatto fare ad un ragazzo disabile sulla sedia a rotelle, pelle d’oca!
Pressato come un’acciuga sottosale mi appresto a seguire il concerto dei Rammstein. Be, che dire, il loro genere può anche non piacere (a me non dispiacciono affatto) ma un loro show vale da solo il prezzo del biglietto. Fuochi e fiamme everywhere, set luci da fare invidia a chiunque ed un frontman Till Lindemann sopra le righe.
Torno alla mia tenda con i piedi a mò di ferro da stiro a carbonella, ad attendermi il mio loculo di cartone e forse qualche ora di sonno, alla fine se ne conteranno 3.

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Secondo giorno, l’atmosfera è quella di sempre ed il dilemma sempre lo stesso: come incastrare le cose per poter vedere tutto quello che si vorrebbe. Anche se devo dire che il bill della mattinata non era per i miei gusti attraente. Tagliando corto segnalo nomi come Fleshgod Apocalypse, Entombed AD, Moonsorrow, Primordial e Asphyx. Ora mi aspettano i Korn, che tra l’altro ho appena visto a Monza al Gods Of Metal. Prima però la sorpresa della serata, un favoloso tributo a LEMMY Kilmister. Un filmato proiettato sugli schermi di entrambe i Mainstage in cui si vede scorrere la sua storia nelle sue immagini più famose. Sulle note di Love Me Forever, parte uno spettacolo di fuochi d’artificio da lasciare senza fiato, con un finale nel quale la notte viene illuminata con il nome di LEMMY ripetuto 3 volte… Brividi ed emozione assoluti!

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I Korn replicano uno show pazzesco, dove Jonathan Davis ha dato di nuovo prova di essere in gran spolvero, così come tutti gli altri. Quasi sui gomiti mi appresto a tornare per una dormitina in attesa dell’ultimo giorno. La mattinata della domenica mi spinge a prendermela un po’ più con calma. Qualche considerazione che a questo punto mi pare doveroso fare. Ma per mettere in moto una macchina enorme come questa, che diamine di organizzazione ci deve essere? A partire dall’accoglienza, il camping, la security sotto stage, i fonici, gli addetti luci e chissà quante altre centina di persone. Una macchina sulla quale non ho visto alcun scricchiolio o pecca evidente, una pulizia dei luoghi esemplare (devo dire che molto è dipeso anche dal senso civico delle persone che affollavano la venue ). Altra cosa che va contro il solito stereotipo del francese medio: tutti erano con il sorriso e un saluto pronto, tutti armati di una cortesia impeccabile.
Tornando a bomba: la domenica è stata devastante: Fallujah, Orphaned Land, DragonForce, The Vision Bleak, Gojira, Blind Guardian, Insomnium, Slayer, Katatonia, Amon Amrth, Empyrium, Megadeth, Enslaved, Black Sabbath, Paradise Lost. A questo punto avrei voluto vedere parte delle performance di King Diamond e Deicide ma mi sono reso conto che durante i Paradise Lost mi sono addormentato un paio di volte, rischiando di cadere a faccia a terra come una pera.

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Con il passo di un bradipo con l’artrite mi dirigo a quelle ore di sonno che mi separano dalla partenza verso casa il lunedì mattina. La sveglia mi ricorda che Hellfest è finito e che si deve tornare alla dura realtà di tutti i giorni. Il camping sembra più un set di Silent Hill: branchi di Zombie si apprestano a mettere a posto i bagagli strisciando trolley ed ogni altro genere di borse e tende. Un esercito di persone insonni che per tre giorni si è cibato di metallo fuso e ha bevuto litri di birra, ora si trascina mesto ognuno verso la propria casa.
Io soffro già di saudade post festival. Io ci voglio assolutamente tornare in questa Disneyland, voglio tornare a respirare quest’aria di musica, tornare a commuovermi mentre ascolto Old Heart Falls dei Katatonia, voglio tornare a sentirmi orgoglioso di far parte di questa gente che fa fare crowd surfing ad un fratello in sedia a rotelle. Voglio tornare qui!

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