Erano gli headliner principali del Sonisphere 2011 di Basilea, hanno richiamato 25.000 persone all’interno dell’abbondante Apollo Stage e si sono confermati impeccabili esecutori nonché trascinatori di folle, ma anche deficitari a livello di stage set, riproponendo il solito palco ‘ridotto’ già visto l’anno scorso. Partiamo dalle cose buone perché alla fine agli Iron Maiden vogliamo sempre bene. Il mio personale tredici alla schedina di Steve Harris e soci, realizzatosi proprio in questa occasione, è comunque una di quelle vincite che non ti rendono milionario ma ti regalano una certa soddisfazione e qualche risparmio da mettere in banca: dopo il concerto appena sufficiente dello scorso anno a Knebworth (oppure a Codroipo (Udine)), i Maiden hanno spaccato, grazie a un impianto e un sound grandioso, sparando diversi brani dal buon “The Final Frontier” (“The Talisman” e “Where The Wild Wind Blows” sono ottime dal vivo e anche “Coming Home” che non sopporto da studio ha un perché in questa sede) e ripescando delle hits classicissime (“23:58”, i fan capiranno, e “The Evil That Men Do”) vicino alle immortali “The Trooper”, “The Number Of The Beast”, “Hallowed Be Thy Name” e “Running Free”, tornata con prepotenza a chiudere i set di Dickinson e compagni. Purtroppo in scaletta ci sono ancora “Dance Of Death” e “The Wicker Man”, che rischiano di diventare ingombranti tormentoni per chissà quanti anni ancora… Steve Harris indemoniato, Nicko sempre più veterano e filler maniac, Bruce Bruce ad alti livelli con note alte ben colpite anche sui brani più impegnativi. Le tre chitarre oramai sono infallibili, Dave Murray è un guru consumato, Smith precisissimo (vorremmo sentirlo cantare “Wasted Years” ogni tanto) e Gers è il solito intrattenitore. Band in palla sul serio, giudicate voi stessi.
La parte negativa si spiega rapidamente: i Maiden si limitano da soli a livello coreografico, non importa aver a disposizione un ampia struttura su cui piazzare la solita e stravecchia plasticaccia con teloni da anni novanta sullo sfondo. Diventa necessario aggiungere sotto le passerelle laterali che sovrastano lo stage ai lati del palco (niente di male fin qua) dei mega ampli quadrati che riducono in modo ingente l’ampiezza dello stage e impediscono non solo la visibilità laterale anche a chi è nel parterre mediano, ma anche le scorribande dei musicisti per tutta la lunghezza effettiva dello stage stesso.
Critiche di contorno ovviamente, ma è impensabile nel 2011 avere queste limitazioni volontarie quando già non hai un megaschermo retrostante e preferisci affidarti al buon cuore della regia del Festival stesso per farti vedere da tutti i tuoi fans che vengono allo show (bisognerebbe capire se sono gli Iron stessi a volere questa tipologia di stage oppure se gli è imposta da qualche art group di grido di supporto alla progettazione). A confronto le fiammate degli Slipknot o anche il palco di Epitaph dei Judas Priest della sera prima sono di un altro mondo. La sensazione di adagiamento sugli allori è sempre più forte, attendiamo con ansia una sorpresa tipo un tour celebrativo tipo Maiden England che faccia sparire dalla mente i cattivi pensieri su una delle migliori band heavy metal della storia, ancora tale nell’esecuzione dei propri pezzi.
Setlist: Satellite 15… The Final Frontier, El Dorado, 2 Minutes to Midnight, The Talisman, Coming Home, Dance of Death, The Trooper, The Wicker Man, Blood Brothers, When the Wild Wind Blows, The Evil That Men Do, Fear of the Dark, Iron Maiden, The Number of the Beast, Hallowed Be Thy Name, Running Free.