La prossima volta che andate a vedere un concerto pesante al Transilvania, cercate di passare inosservati e sedetevi a 10 cm dagli amplificatori. Magari con un telo nero che vi copre, riuscirete nell’intento. Tutti a dire, eh sì il Transilvania, si sa che è così. Così pessimo, possiamo aggiungere. Così pessimo per certi tipi di concerti. Precisamente. Quindi è stato un vero peccato ascoltare gli Isis qui dentro.
Sembrava, in altre parole di essere un po’ alla festa dei gruppi del Liceo. Come suoni. Bassi, ammassati tra loro, piatti. E in tutto questo il gruppo statunitense ci ha perso molto. Gran parte delle proprie dinamiche. In cinque sul palco, alla fine sembrava fossero solo tre a suonare. Quando hanno usato tre chitarre ti chiedevi se avessero gli ampli spenti. Quando il batterista ci dava dentro con il doppio pedale sembrava che qualcuno avesse chiuso una porta nei bagni.
La musica del gruppo vive di pieni e di vuoti, di rarefazioni e di granito e con suoni così, sembra tutto uguale quello che fanno, come intensità e dinamiche.
Comunque sul palco suonano perfetti, coinvolgenti nel loro continuo movimento di corpi e di teste, “sentendo” quello che stanno andando ad eseguire in quel momento. Nella scaletta gran parte dello spazio va ai pezzi dell’ultimo album. Ma quanto si sente la consistenza diversa di un disco che è diventato pietra angolare di un movimento più autocratico, “Panopticon”, tappa di un’evoluzione inimmaginabile del metal core, che attraverso le ossessioni orwelliane esplodesse in una fuga dentro una annichilente psichedelia.
Questa è stato la loro vetta, preparata con “Oceanic” per poi ridiscendere fisiologicamente a livelli medi con “In the absence of thuth”, dello scorso anno.
I loro mantra oscuri e tormentati hanno conquistato così un posto nell’olimpo al fianco dei Neurosis, e solo per colpa di questi pessimi volumi in questa serata milanese non siamo riusciti a godere appieno il loro viaggio mentale tra suoni e sensazioni in un vortice di sentimenti, una distesa oceanica in cui perdersi.
L.F.