Jovanotti, il report del concerto a Milano del 27 giugno 2015

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Il 27 giugno 2015 si è tenuta la terza data milanese per Lorenzo negli stadi 2015. Stivare di gente il San Siro di Milano per tre volte consecutive, diciamolo, non è impresa da tutti, soprattutto nell’epoca dei sold out creati ad arte magica. Jovanotti invece si porta a casa per la terza volta lo stadio (anche se con il terzo anello chiuso) e lo fa con una scaletta di 29 brani per due ore e mezza di spettacolo.

Sono le 21.30 quando lo show inizia. Si accende Un palco saettante con due enormi corridoi che arrivano ad abbracciare tutto il parterre. Direttamente dal futuro arriva lui, Jovanotti, munito della sua armatura spaziale alla ricerca del disordine per tornare ad essere vulnerabile e regalare emozioni. Sembra di essere in un nuovo “Ritorno al futuro”, dove Flash-Jovanotti, con un abbigliamento sicuramente appariscente, è un supereroe moderno. “Penso positivo” viene riarrangiata in chiave electro dance per creare quel filo logico con “Tutto acceso” e il mood dell’ultimo disco, “Lorenzo 2015 CC.“. Jovanotti è carico come se fosse la prima data al Meazza e corre dannatamente senza sosta tanto che ormai mi aspetto solo un futuro contratto con la Marvel.

In Lorenzo negli stadi 2015 c’è tutto: ci sono gli ologrammi proiettati su un enorme schermo, ci sono immagini in 3D, laser e luci che formano giochi tridimensionali e ti trasportano a qualche rave berlinese; c’è lo show ma ci sono anche le canzoni che hanno segnato la carriera di Jovanotti con ampio spazio ai brani del nuovo album. Su “Sabato” il Meazza esplode e, seppur dopo tanto correre, vediamo il primo segno di cedimento del supereroe di Cortona, che arranca in fiato e in intonazione (anche se quest’ultima non è certo mai stata la principale dote di Lorenzo Cherubini). Eppure va bene così, perché è grazie a quell’imperfezione che lo show diventa umano, terreno.

Solo dopo “Il più grande spettacolo dopo il Big Bang” il Jova prende parola. Sette canzoni tutte di un fiato e per interromperlo c’è voluto un ricordo, quello di un allora trentacinquenne Bob Marley che il 27 giugno del 1980 calcò lo stesso palco a San Siro. Naturale quindi l’evoluzione di “Bella in chiave reggaeggiante, e anche le tribune ancheggiano. Ed è proprio “Bella” a sancire l’inizio della seconda parte dello spettacolo, quella segnata dall’amore, dall’impossibilità di metterlo in ordine: “Stella cometa”, “Fango” e “L’estate addosso” sono tutte senza boccate d’aria sino ad arrivare a “Le tasche piene di sassi”, dove San Siro è illuminato solo dagli smartphone, che lo trasformano in una piccola costellazione.

Puoi cercare di salire di livello o rimanere carne da macello” canta Lorenzo in “L’Alba”, e mi viene da pensare che Lorenzo abbia portato caos nella perfezione di uno spettacolo riuscito non solo emozionalmente ma anche dal punto di vista tecnico, fotografico e scenografico. Mister Cherubini ha spedito l’asticella di livello direttamente nel futuro, è il caso di dirlo.

Cover story a cura di Rodolfo Sassano

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