I Kasabian si sono esibiti in concerto a Milano il 19 luglio 2012, nell’ambito del City Sound Festival. Ci sono almeno un paio di premesse che ritengo fondamentale esporre prima di parlare dello show dei Kasabian più nel dettaglio. Non è la prima volta che partecipo alle rassegne di concerti estivi a Milano: se da una parte si è sempre cercato di favorire l’aspetto scenografico, dall’altra si sono sempre creati una marea di disagi. Quest’anno, non senza polemiche, i concerti sono stati spostati dall’Arena Civica a un più periferico Ippodromo del Galoppo in zona San Siro. La location è carina ma si tratta pur sempre di un ippodromo e non di un’arena o di una piazza storica, l’organizzazione invece è pessima. Oltre ai soliti problemi di parcheggio milanesi, per accedere all’area concerti si è costretti a passare tutti da una porticina, mentre all’uscita è necessario attraversare un unico passaggio, piuttosto piccolo per le migliaia di persone convenute, per poi imbattersi in un minuscolo portone. Tralasciando le difficoltà logistiche, il vero punto dolente è l’audio. Inizio il concerto in posizione mixer, dove teoricamente il sound dovrebbe essere migliore. Mi accorgo che posso tranquillamente chiacchierare con gli amici senza dover urlare ma mantenendo un livello di voce normalissimo. Un volume veramente ridicolo e un suono approssimativo, sentire le chitarre ad esempio è un vero miracolo!
Per quanto riguarda i Kasabian invece mi sento di prendere la loro parte. Il concerto non è stato certamente indimenticabile, se pur buono. Posso però parlare a loro difesa considerando che questo è stato, solo negli ultimi 12 mesi, il terzo gig a cui assistevo e in precedenza mi avevano sempre lasciato a bocca aperta: a Milano l’autunno 2011 all’Alcatraz e soprattutto il settembre scorso a Bologna, dove con una performance incredibile avevano quasi annichilito gli headliner Arctic Monkeys. Questa sera no, manca l’impatto emotivo, manca la pacca, penalizzati forse troppo da un impianto ai minimi storici. Il concerto nel complesso fila via bene per un’ora e mezza dove il gruppo di Sergio Pizzorno e soci inanella vecchi successi e brani dell’ultimo album. Manca qualche grande classico del passato come “Empire” o “Reason in Treason” ma viene inserita in scaletta un po’ a sorpresa una “La Fée Verte” sempre emozionante dal vivo. Verso metà set gli animi sotto il palco iniziano a scaldarsi e il pubblico italiano regala tanta partecipazione, pogando e saltando su “Clubfoot”, “L.S.F.” e “Goodbye Kiss”. Una piccola pausa e si riprende con “Switchablade Smiles”, “Vlad the Impaler” e “Fire” con platea in delirio per questi ultimi pezzi e un Tom Meighan molto divertito che non riuscendo a lasciare il palco per il tanto calore dei ragazzi accorsi, si ferma ancora qualche istante a intonare “She loves you” dei Beatles.
Il concerto è stato sicuramente buono, non ottimo come in passato ma comunque di buon livello. Il pubblico formato non proprio dai fan dei primi Kasabian, ha reagito bene scatenandosi per gran parte della serata. La sensazione più bella è stata quella che sul palco se la spassassero parecchio, molti gli sguardi tra i musicisti d’intesa, le battute e un feeling veramente raro da trovare altrove tra band di questo calibro.
Setlist: Days are forgotten, Shoot the runner, Velociraptor, Underdog, Where did all the love gone, Let’s roll just like we used to, Man of simple pleasures, I.D, Take aim/La fee verte, Clubfoot, Re-wired, Fast fuse, Goodbye Kiss, L.S.F., Switchablade Smiles, Vlad the impaler, Fire.
Giuseppe Guidotti. Foto interne Rodolfo Sassano.
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