La prima data italiana da headliner degli statunitensi Kill Hannah è stata un flop. Sia chiaro, non per il valore dimostrato dalle tre band, ma per un’affluenza che definire misera è fin troppo riduttivo: una grossa delusione, visto che la proposta non è pesante o “d’elite”, ma così accessibile che potrebbe facilmente puntare ad un pubblico potenzialmente numeroso.
Aprono la serata i romani Electric Diorama, con il loro emo rock e la loro attitudine festaiola e danzereccia (al punto di entrare sul palco con la storica “Scatman” di Scatman John come intro.. idoli) e una simpatia contagiante. Poco tempo a disposizione, nel quale i cinque son riusciti a far ballare tutti i presenti, con tanto di comparsata di Sandro dei trevigiani Airway per una canzone. Una band che, pur non essendo il massimo dell’originalità (il loro emo mischiato a parti elettroniche si è sentito tante volte), ha il carisma come punto di forza. Promossi.
Per i giovani inglesi My Passion, il tour con i Kill Hannah è sicuramente l’occasione della vita da non farsi sfuggire: nati nel 2006, ma con già più di 300 concerti all’attivo, la band di Londra si è rivelata una sorpresa non da poco. Anche se la loro discografia è, per ora, striminzita (un solo singolo e un disco in arrivo nel 2009), i quattro hanno dimostrato di avere le carte in regola per ritagliarsi un ruolo nei cuori degli emokids, con il loro mix di pop, metal, emo, elettronica e dance: infatti, oltre a saper tenere il palco in maniera divina, la band ha quel look curato nel minimo particolare, che è una via di mezzo tra Tokio Hotel, Orgy e i personaggi “gotici” dei film di Tim Burton. Una band sconosciuta ai più, ma che nella mezz’ora a disposizione ha guadagnato più di un fan, che aspetterà con trepidazione il loro debut album.
Per i misteri che circondano la distribuzione discografica, i Kill Hannah sono saliti alla ribalta in Europa solamente ad inizio 2008, con l’uscita di “Until there’s nothing left of us”, disco che negli States era già nei negozi da quasi due anni. Purtroppo, il nome non è ancora girato a dovere e (ingiustamente, molto probabilmente per una mancata promozione radiofonica) la band non è ancora molto seguita qui in Italia: il risultato è l’affluenza ridotta all’osso, al massimo 100 persone. Peccato, perché i Kill Hannah hanno un’esperienza decennale in sede live, le canzoni sono in gran parte dei potenziali singoli e, tolto un Mat Devine che più volte fatica nel riproporre le linee vocali presenti su disco, la band dimostra grande perizia tecnica, non cadendo mai nella trappola della “stecca” strumentale. La scaletta si è basata quasi esclusivamente sull’ultimo album, dal quale sono state tolte quelle poche canzoni che “non funzionavano” e rimpiazzate con quei brani presi dal passato, che si sono dimostrati più che validi (come, ad esempio, il loro primo singolo “Kennedy”).
Limitandoci alla data di Roncade, sembra che i Kill Hannah siano destinati a ricoprire il ruolo di meteora o di promessa di belle speranze, ma niente di più. Speriamo che tutto questo sia un piccolo incidente di percorso e, come per i 30 Seconds to Mars, sia il tempo a dare giustizia a questo combo dell’Illinois: perché, a conti fatti, siamo di fronte ad una next big thing a livello internazionale pronta per essere lanciata, e non sarebbe bello vederla relegata e “sprecata” nei piccoli club.
Setlist: Intro, Boys and Girls, Believer, Love You to Death, Paper Dolls, Crazy Angel, Black Poison Blood, Home, Kennedy, Acid Rain, The Chase, Songs that Saved my Life, Scream, Lips like Morphine