Kurt Rosenwinkel – Blue Note, Milano 29 marzo 2008


Kurt Rosenwinkel ha iniziato la sua carriera nel 1991, affiancando il vibrafonista Gary Burton (che già tenne a battesimo un giovane Pat Metheny) e successivamente il batterista Paul Motian nella Electric Bebop Band, sviluppando in seguito un discorso solistico con l’incisione di album originali ed importanti quali “The next step” , “Heartcore” e l’ultimo “Deep song”.

La serata del 29 marzo al Blue Note di Milano è l’occasione per presentare un doppio disco da poco uscito (anche se registrato dal vivo allo storico Village Vanguard di New York nel gennaio 2006) del Kurt Rosenwinkel Group dal titolo “The remedy” che vede il chitarrista di Filadelfia accompagnato da Mark Turner al sax tenore, Aaron Goldberg al piano, Joe Martin al contrabbasso ed Eric Harland alla batteria.
Il quintetto sul palco del Blue Note è variato nella sezione ritmica rispetto al lineup del disco, al piano troviamo Erin Park ed al contrabbasso Ben Street.

Rosenwinkel ha uno stile che egli stesso definisce come una sorta d’incontro tra il modo di suonare legato di Allan Holdsworth ed il fraseggio sincopato e ritmicamente molto efficace di Grant Green, influenzato anche dai pianisti Bud Powell (storico artista bop) e Keith Jarrett; ne risulta un suono molto fluido con una qualità vocale vicina alle sonorità degli strumenti a fiato.
In brani quali “Something, sometime”, “Out of this world” e “Another time” si apprezzano anche le doti compositive del chitarrista (per le quali ha ricevuto diversi riconoscimenti) che predilige armonie complesse e temi elaborati, spesso esposti all’unisono con il sax e ricchi di obbligati ritmici; gli artisti sviluppano assoli articolati e generosi che portano i pezzi ben oltre la durata di dieci minuti, l’interplay della band raggiunge momenti molto intensi anche se i suoni non sembrano essere ottimali.
In un paio di lunghe introduzioni in solitario Rosenwinkel esplora le possibilità del suo strumento creando tessiture limpide e moderne: utilizzando fraseggi a note singole o accordi riesce ad espandere i troppo frequentemente sentiti clichè chitarristici avvicinandosi alla ricchezza di soluzioni armoniche tipiche del pianoforte e mantenendo e sviluppando melodie cantabili anche se armonizzate con frequenti modulazioni di tonalità.

Molto bella anche “Nemesis”, intensa song del pianista che si sviluppa in una serie di crescendo e suggestioni lisergiche, tra i migliori momenti della serata.
Da notare l’uso esteso dei tempi ternari nelle composizioni, vera abitudine del chitarrista anche nei lavori precedenti; il bis costituito da “Milestones” (la prima versione non modale incisa da Miles Davis), introdotta ancora una volta da Rosenwinkel con una serie di fraseggi bop senza accompagnamento, è un tributo ad un indispensabile passato (ancora fonte d’inesauribili insegnamenti ed ispirazioni) da parte di giovani musicisti tra i migliori sulla scena del jazz moderno.

S.Z.

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