Lacuna Coil, il report del concerto di Piazzola Sul Brenta del 1 luglio 2016

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La formula dell’anfiteatro funziona anche col metal: questa è la prima conclusione che le menti dietro al Festival di Piazzola sul Brenta possono trarre dalla serata di ieri che ha visto protagonisti i milanesi Lacuna Coil, per diversificare ancor più l’offerta di un festival che negli anni si è costruito una solida reputazione e che continua a dare soddisfazione a chi lo organizza e a chi lo frequenta.

Una formula differente da quella vista nell’apertura coi Queen della settimana scorsa: ben due opening act hanno preceduto gli attesi Lacuna Coil, dando il tempo alla folla di radunarsi e compattarsi fino a gremire il parterre dell’anfiteatro. Certo vedersi attorniati da tribune vuote mi ha lasciato un attimo attonito inizialmente, ma poi con un po’ di immaginazione le strutture metalliche sono apparse come una degna estensione della scenografia, o meglio del concept, portato sul palco da Cristina e soci che si sono presentati sul palco nelle vesti di pazienti alle prese coi loro deliri mentali in modalità American Horror Story.

Prima di loro però, con un ritardo calcolato per supplire alla scarsa affluenza iniziale dovuta al caldo e all’orario già pubblicizzato per il main event, altri due gruppi nostrani si sono avvicendati per intrattenere i presenti e creare le giuste premesse di una serata all’insegna dell’hard&heavy. Gli Starsick System hanno offerto un set di sei brani sull’onda del coinvolgimento e dell’energia culminata nei due singoli Daydreamin’ e Believe accolti positivamente dal pubblico e impreziositi dalla presenza tutt’altro che banale della bassista Pizzy ad assecondare l’ugola di Marco Sandron. Notevoli gli assoli e le strutture create dalle due chitarre a costruire una esibizione di tutto rispetto.

Dopo di loro il tiro e le corse sul palco aumentano con l’entusiasmo dei Pavic: il gruppo romano in tour da un paio d’anni col fortunato “Is war the answer” regala una buona mezzora di note elettriche, riff e tutto quello che serve a realizzare una performance hard rock. Se il pubblico ha evitato con cura il caldo del preserale, il buon Joe Calabro ha combattuto coi propri umori pur di offrire un set tirato, gridato e movimentato oltre le aspettative, strappando una buona dose di applausi dalla platea che pian piano ha riempito il vuoto nel parterre. Notevole la cover di Notorius dei Duran Duran che in una piacevole veste hard ha strappato diversi consensi.

Col scendere dell’oscurità e del fresco è arrivato quindi anche il grosso del pubblico che ha donato alla serata una cornice degna di un festival come quello patavino. Il tappeto umano alla base del palco ha accolto con un boato l’arrivo dei Lacuna Coil, pronti a coinvolgere la folla nel “Delirium” di un set preparato per garantire alla famiglia allargata del pubblico l’ascolto di nuovi e vecchi brani, testimonianza sonora dell’evoluzione di una band che col successo internazionale ha trovato anche nuovi stimoli ed influenze: la voce di Andrea nei nuovi brani è bassa e aggressiva come non mai giusto a contrapporsi ancor più vividamente alle note raggiunte da Cristina, sia nelle parti di front che back vocalist.

La scaletta offre quanto annunciato alla presentazione del tour e si arricchisce di un paio di brani che danno minutaggio e respiro ad una esibizione di rilievo, con poche sbavature e tanta carica anche scenica. Le divise da manicomio sottolineano la volontà di rappresentare anche visivamente temi e contenuti alla base del lavoro più recente del gruppo, capace di ottenere ottimi risultati sia a livello di vendite che di posizione nelle chart nazionali, monopolio oggigiorno degli artisti da talent.

Lo show forse non regala le atmosfere inquietanti ed estreme promesse in sede di presentazione del nuovo disco, complice anche la familiarità del pubblico col gruppo e la forte interazione sia fisica che corale a sostegno di brani che ormai fan parte del bagaglio di qualsiasi metallaro nostrano che si rispetti – “Heaven’s a lie” e “Our truth” su tutte.

In un set di oltre quindici brani, che ha fatto tanto greatest hits, il gruppo meneghino ha trascinato tutti in un vortice culminato nella celebre cover di “Enjoy the Silence”, spartitraffico prima dell’encore finale all’insegna dei cori da stadio e del saltello sul posto che ha coinvolto anche i più restii ed esaltato l’attitude di chi era arrivato con delle aspettative e le ha viste tutte soddisfatte prima della chiusura e dei saluti conditi dall’ ovazione per la prova offerta dal gruppo e dal nuovo chitarrista Diego Cavallotti. Così per una sera anche Piazzola ha avuto la sua dose di metal.

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