Domenica 26 luglio il Lucca Summer Festival ospita Lenny Kravitz, nel suo primo concerto dei tre previsti in Italia per il tour estivo relativo all’ultimo album, “Strut“. Ad aprire la serata c’è la breve esibizione dei The London Souls, a cui fa seguito quella ben più significativa di Gary Clark Jr.
Il cantante e chitarrista texano è più di un semplice opening act, suona per un’ora assieme alla sua band, attraversando diversi generi che appartengono alla “black music”, in particolare il blues e il soul, scavando dentro ogni canzone eseguita per trarne tutto quanto sia possibile; la sua chitarra è sporca tanto quanto la sua voce è pulita, gli assoli raggiungono picchi di intensità altissimi e gli applausi a canzone in corso si sprecano. Solo quando lascia il palco, dopo aver pronunciato poche parole e provocato tante emozioni, Piazza Napoleone torna a ricordarsi che l’headliner della serata deve ancora iniziare.
L’attesa è prolungata di circa mezz’ora rispetto agli orari annunciati, Lenny Kravitz e il suo nutritissimo gruppo salgono sul palco quando sono le 22:10 e attaccano “Frankenstein”, tratta dall’ultimo album, al termine della quale l’idea sarebbe quella di far partire “American Woman”, cover dei The Guess Who che il cantautore ha reso anche un suo classico, ma al primo accordo si accorge di non avere la chitarra corretta; dopo la sostituzione la chitarra non è ancora a posto e, dopo una pausa di qualche minuto, al terzo tentativo, dopo un eloquente “sometimes shit happens” pronunciato dal cantautore, il concerto può riprendere. Sarà forse per la falsa partenza ma la serata fatica a decollare e serve l’accoppiata “Sister” – “Believe”, brani dell’album “Are You Gonna Go My Way”, a dare vigore all’esibizione.
Le canzoni eseguite nella prima parte sono sembrate un po’ troppo allungate, ma in questo senso il peggio deve ancora arrivare: durante “Always On the Run”, viene concesso un assolo, molto lungo, a tutti gli strumentisti, in “Let Love Rule” abbiamo il riff del ritornello eseguito in loop infinito oltre ogni limite del buonsenso, mentre il cantante scende ad abbracciare le prime file, per la gioia del folto pubblico femminile.
A chiudere il blocco principale del concerto, composto da dieci canzoni, ma durato un’ora e quaranta minuti, c’è la diretta “Fly Away”, che come di consueto raccoglie grandissima partecipazione tra i presenti. Il bis vede l’esecuzione di un solo brano, l’esplosiva “Are You Gonna Go My Away?”, eseguita senza fronzoli, che fa incendiare la piazza.
Un’analisi della performance può partire proprio dalla fine: se tutto il concerto fosse stato affrontato come l’ultima canzone, con una scaletta più lunga e con meno assoli, il risultato sarebbe stato migliore. La formula adottata da diverso tempo di per sé non è errata, ma la sensazione è che il tutto sia stato esasperato; probabilmente Lenny Kravitz non sarebbe in grado di sostenere un concerto di due ore ad alta intensità, ma a mio avviso è necessario un compromesso, perché per troppi momenti, e troppo lunghi, il livello non è stato all’altezza dell’artista.
Quasi sicuramente arriverà un’inversione di tendenza rispetto a questa fase, i segnali di un Lenny Kravitz ancora in forma ci sono stati, ma da un artista del suo calibro è lecito aspettarsi di più, e l’ottimo ultimo album “Strut” è testimone di come abbia ancora tanto da dare.