Limp Bizkit – Villa Manin, Codroipo (Udine) 12 luglio 2011

Uno show clamoroso per pochi intimi quello dei Limp Bizkit a Villa Manin di Codroipo: nella giornata con la più alta densità di concerti di rilievo della storia della musica live italiana (Take That, Cypress Hill/Public Enemy/House Of Pain, Flippaut Alternative e The Casualties, limitandoci ai nomi più grossi) il conto salato viene presentato alla band di Fred Durst, con un’affluenza che definire a ranghi ridotti è un eufemismo. Ed è un peccato, perché nelle due ore (!!!) di concerto i LB sono stati autori di una serata maiuscola.

Non avranno fatto i juke box viventi come a Knebworth alcuni giorni fa, ma anche in Friuli i Nostri hanno usato la scaletta come semplice base di partenza, infarcendola di citazioni (Smells Like Teen Spirit dei Nirvana, brano “che ha vent’anni ma spacca ancora“), campionamenti (Jump Around degli House Of Pain, giusto per ricordare che DJ Lethal è tuttora un loro componente, e il famosissimo tema di Beverly Hills Cop) e brani interi inseriti a caldo, scelti dalle richieste degli stessi fan. La band di Jacksonville cala l’asso infatti con le “inaspettate” cover di Behind Blue Eyes dei The Who e Faith di George Michael, con tanto di dedica al pubblico italiano a “tener duro” nel secondo brano.

La buona notizia della serata di Villa Manin è che i brani di Gold Cobra dal vivo rendono meglio che in studio: Douche Bag è ormai un classico e i due singoli Shotgun e Gold Cobra in sede live guadagnano moltissimi punti. Grosso punto a favore della formazione è dato infatti dall’impatto della perfetta sezione ritmica Otto/Rivers e da un’equalizzazione ottimamente curata, che ha messo in risalto le frequenze basse. Il vero delirio arriva comunque con i brani vecchi: con il ritornello di Nookie sono volati tanti bicchieri e bottigliette di plastica quanti berretti universitari in un graduation day di un college statunitense a caso e con Take A Look Around non saltavano solamente le persone delle ultimissime file. Un pubblico poco numeroso ma che ha compensato la quantità con la qualità: fedele, partecipe e bello carico per tutta la durata del concerto.

Uno show deludente per l’affluenza, ma ottimo per tutto il resto, nel quale la coppia Durst/Borland si è dimostrata il vero motore carismatico del combo. I Limp Bizkit meritano stima anche solo per non essersi limitati ad un semplice compitino di fronte a così poca gente: arroganti nell’apparenza, ma in realtà buoni come il pane.

In apertura i Dope DOD, collettivo hip hop olandese che nel poco tempo a disposizione (circa 20 minuti più l’ospitata durante N 2 Gether Now) ha comunque dimostrato che il loro successo sui social network è tutto fuorché casuale: un combo che ci sa fare.

Nicola Lucchetta

Lascia un commento