Litfiba, il report del concerto a Verona dell’11 luglio 2015

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Dopo la reunion e il tour della “Trilogia del Potere” di due anni fa, i Litfiba solcano nuovamente i palchi outdoor (a seguito delle loro date primaverili indoor) proponendo quello che i fan chiedevano da anni, ossia un set composto dai brani di quella parte della loro produzione che compone la “Tetralogia degli Elementi”. Proprio in questa nuova tournée si inserisce il concerto a Villafranca di Verona dell’11 luglio 2015, un set di 2 ore e mezza circa che prende a piene mani da “El Diablo”, “Terremoto”, “Spirito” e “Mondi Sommersi” (con concessioni agli album live anni Novanta) e vede Piero e Ghigo accompagnati da Luca Martelli alla batteria, Federico Sagona alle tastiere e Franco Li Causi al basso.

La promessa era quella di proporre, oltre ai grandi classici, anche quei brani che negli anni avevano avuto meno occasioni di essere suonati live e la scaletta conferma la voglia di non fossilizzarsi su scelte fisse, cambiando le carte in tavola rispetto a quanto dato in pasto ai fan nelle esibizioni precedenti: ecco allora che trovano spazio “Goccia a goccia”, confezionata in un tripudio di luci blu e azzurro acqua, “Prima guardia”, “Maudit” e l’inno popolare di “Proibito”.

Il concerto in realtà parte piano: il pubblico è caldo e stipato nella cornice del Castello Scaligero di Villafranca (una location ottima sia per l’acustica che per la fruibilità, col suo prato verde che ti invoglia a sfidare scalzo i pestoni e il delirio del pogo), ma alle prime note di “Africa” e “Dinosauro” sono solo gli aficionados a rispondere con fervore alle provocazioni di Pelù e soci.

Servono “Sotto il Vulcano” e l’omaggio a Pino Daniele (“Je so’ pazzo”), con l’ottimo Ghigo in chiave blues, per dare una scossa al pubblico che poi s’infervora sui cori di “Proibito”: da lì è un salire di coinvolgimento e partecipazione che sfocia nel roboante accompagnamento del ritornello della conclusiva “Cangaceiro”, con Pelù a dover domare la folla fino a zittirla pur di riuscire a presentare con dovuta tranquillità i componenti della band in un finale dominato dal pubblico e dal suo riconoscimento a una delle più grandi rock band italiane.

Non ci sono proiezioni, effetti laser o altro a impreziosire un concerto che fa della chitarre di Renzulli e di una rispolverata alle tastiere elettroniche tanto new wave i veri protagonisti di fianco all’icona Pelù: un frontman che sa ammaliare e intrattenere con una performance “fisica”, oltre che vocale, regalando le consuete frecciatine al mondo politico ed ecclesiastico che spesso han dato al gruppo spunti, oltre che per i testi, anche per manifestare un certo attivismo che sconfina al di là della professione di musicisti.

Un bel salto nello Spirito rock all’italiana, tutti a subire il fascino di una band ancora Regina nel prendere in pugno i cuori di chi ha voglia di farsi quattro salti (e pure qualche birra) nella calura estiva.

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