Occasioni come questa accadono poche volte nella vita: poter assistere ad un concerto unplugged di Mark Lanegan, oltre a riportarci dritti dritti agli anni ’90, è una di quelle cose da raccontare ai nipoti e di cui bullarsi per lungo tempo…
Piccola premessa sul pubblico pagante: assistere ad uno show acustico urlando e ridendo a volume altissimo per tutta la serata è una cosa tipica del nostro paese, ma continuo a fare molta a fatica ad abituarmici. Detto questo, lo spettacolo è stato di un’intensità tale da cancellare anche qualche idiota che poteva starsene a letto a guardare Italia’s Got Talent, invece di venire ai Magazzini Generali.
Al buon Lanegan è sempre piaciuto tenersi impegnato: collaborazioni, album solisti e continui tour ci hanno permesso di vederlo in molte salse, ma sentire per due ore la sua splendida voce accompagnata da una semplice chitarra, ha confermato quanto un contesto di questo tipo si sposi alla perfezione con la sua anima. La scaletta della data milanese ha toccato un po’ tutta la carriera dell’artista, con maggiore attenzione riservata a quella solista e con qualche sorpresa come la splendida “Julia Dream”, che solo i fan dei Pink Floyd saranno riusciti a cogliere. Un solo pezzo, la conclusiva “Hangin’ Tree”, a ricordarci quanto fosse gradita la sua presenza nei QOTSE e niente “Where Did You Sleep Last Night”, che per più di un attimo ho sperato potesse regalarci. Forse, però, è stato meglio così…
Luca Garrò