L’astronave di Max Pezzali si apre un varco fra le nubi e atterra anche in provincia di Padova, dove rapisce il pubblico di Piazzola sul Brenta e gli regala una serata esaltante all’insegna della pelle d’oca, degli occhioni da cerbiatto e del limone facile. Difficile definire un live come quello offerto a Piazzola, se non con la parola coinvolgente: con Max si balla, ci si abbraccia, si salta e si canta a squarciagola sulle note di canzoni che sono ormai inni generazionali e che non risultano mai inflazionate o scadute col tempo.
Certo è facile scorrendo i titoli della scaletta capire che per ciascuno dei presenti ci sarà almeno un momento amarcord e guardando le facce del pubblico si legge facilmente l’attesa e la trepidazione per ascoltare quella che ognuno sente come la sua canzone. Poi nello sviluppo del concerto ci si accorge che le canzoni di Max sono di tutti, patrimonio di un ventaglio di età che spazia dai 15 ai 50 anni senza difficoltà e senza vergogna: ciascuno di noi ha vissuto un momento “nerd”, una delusione o una storia che hanno avuto una di queste canzoni come colonna sonora o come catarsi musicale.
E qui potrei cadere nello stucchevole avendo vissuto le mie paturnie a cavallo dell’intera produzione del cantante pavese dal berretto sempre in testa: dico solo che è stato un tuffo nel passato ricordarmi ad accompagnare al mio primo concerto il mio fratellino allora dodicenne proprio a vedere gli 883, quando il nostro mangianastri divorava le cassette colorate de “La donna il sogno…” ed era da poco uscito “La dura legge del gol” col suo bel campo da calcio stampato sulla MC. Un escalation di brividi e ricordi che ho letto sulla pelle d’oca dei compagni di serata: come corrente elettrostatica le note di Max e la sua band hanno sollecitato tutti e a comando hanno paralizzato, ammutolito, scosso fino ai boati sui brani più noti, ove per più intendo che li conoscevano tutti, parola per parola a discapito dell’età e dei problemi di cuore.
E non importa se qualcuno stonava e si può perdonare anche qualche sporadica imperfezione nelle esecuzioni: è stata una gran serata all’insegna della musica pop e dell’amicizia. E mettiamoci pure del rimorchio visto quello che mi è successo attorno. Max a volte è un po’ prolisso, ma se la gioca bene coi congiuntivi e riesce a dialogare col pubblico con la sua genuina spontaneità: anche la presenza di uno strumento semisconosciuto come la Vermona sul palco diventa motivo di ilarità e comicità (chi ha orecchie per intendere… altrimenti se la faccia spiegare da un veneto).
In apertura la comparsata del suo pupillo a the Voice Elia Zambonin e il successivo duetto sono apparsi coerenti al personaggio, così come i momenti riempitivo: sul palco Dj Zak ha mixato i brani più ballabili dai tempi degli 883, quelli che altrimenti la scaletta avrebbe sfalciato, scatenando il delirio e tramutando l’anfiteatro in una disco all’aperto in cui era impossibile non farsi trascinare in qualche coreografia, trenino o ballo dalle coreografie più improbabili. Per questo e per molto altro mi viene da dire Grazie Mille Max, per una sera anche io non ho nessun rimpianto , nessun rimorso, e sono tornato a casa con la sensazione di aver vissuto uno dei miei miti, e non lascerò ripassare vent’anni per rifarlo di sicuro!