È stato un grande ritorno quello dei Morcheeba, di nuovo live ieri all’Alcatraz di Milano per la terza ed ultima data, dopo Bologna e Roma, di questa leg italiana del tour a supporto di “Blaze Away”. Un grande ritorno all’essenza della band leggenda del trip-hop, di cui avevamo già avuto un assaggio con le due date italiane del luglio 2017. Allora il disco più fresco in curriculum era “Skye & Ross”, frutto della parentesi in duo di Skye Edwards (voce) e Ross Godfrey (chitarra), gli unici rimasti della formazione originale dopo la dipartita del dj e producer Paul Godfrey, ma la firma era già di nuovo quella dei Morcheeba. Un grande ritorno perché, scaldati i motori Skye e Ross, a giugno hanno dato alle stampe un album che, senza risultare nostalgico, incorpora, per spirito e varietà, tutto il meglio della produzione della band: “Blaze Away”.
L’onore di aprire le danze, in un Alcatraz a mezzo servizio, non sold out, ma comunque bello pieno, è toccato alla cantautrice croata Irena Zilic, chitarra, voce e le canzoni del suo ultimo “Haze”, uscito nel 2017, a tre anni di distanza dall’esordio “Travelling”. Atmosfere soffuse, sonorità a cavallo tra universi apparentemente distanti (Anna Calvi, Sharon Van Etten, Aurora, Sheryl Crow) e tutto è pronto per gli attesissimi Morcheeba.
Puntuale la formazione sale sul palco. Basso, batteria e tastiere, attaccano l’intro della nuova “Never Undo”, entra la chitarra e solo allora Skye fa il suo ingresso in scena: la figura è quella di una dea, la voce pure, elegante e sinuosa invita la platea al meraviglioso viaggio che l’attende. Durerà un’ora e mezza, lo spazio di diciassette canzoni, una cavalcata attraverso i momenti migliori della storia di una band dalla carriera ormai ultra ventennale, in cui i pezzi del nuovo album si integrano alla perfezione.
Dopo l’attacco, si prosegue con due pezzi “vecchi”, il ballabile dai ritmi in levare “Friction” e “Never An Easy Way”, grande classico da viaggio tratto dal primo disco, “Who Can You Trust?”. Il trittico iniziale è una dichiarazione d’intenti, che incorpora le due anime del live, quella più evocativa, contemplativa, finemente psichedelica e quella più gioiosa, leggera e danzereccia, che poi sono le due principali sfaccettature dell’universo Morcheeba.
Se su “Otherwise” e “The Sea”, due colonne portanti della produzione della band, accolte dal pubblico con un’ovazione e cori sui ritornelli, si continua a viaggiare e sognare, il delicato tono country di “Part Of The Process” riporta la platea da qualche parte sul pianeta Terra. Una boccata d’aria prima dell’immersione nel nucleo magmatico di questo bellissimo live con la stilosissima e funkeggiante title track “Blaze Away”, l’indimenticabile trip-hop di “Trigger Hippie”, classicone dal primo disco del gruppo, e la più recente, ma non meno storica, “Blood Like Lemonade”. Un tuffo di testa nel cuore della produzione dei Morcheeba, da cui si riemerge con quella che per raffinatezza è la vera perla del set: “Slow Down”. L’esecuzione della canzone, tratta da “Charango”, è impreziosita da un suggestivo effetto di luci, una gabbia di raggi rosso fuoco imprigiona, solo idealmente, una Skye perfetta e raffinatissima, all’apice della sua espressività.
È la quiete prima della baldoria in un live, in cui gli unici fronzoli sono quelli attaccati al bellissimo vestito di Skye. Già, perché “con i Morcheeba è sempre sabato sera”, osserva Ross, prima di lasciarsi andare a qualche aneddoto dei tempi che furono, come quella volta che “dopo aver suonato ai Magazzini Generali, un posto lungo e stretto, finimmo in una discoteca, credo che si chiamasse Hollywood, ve la ricordate? Quella sera ballammo sui tavoli e spaccammo qualsiasi cosa, tanto che ci bandirono dal locale. Ecco, l’anno dopo finì allo stesso modo”. Tanto per intenderci, sarà passato qualche inverno da allora, ma la voglia di fare casino è la stessa, così, dopo un accenno a “Summertime” di Gershwin, è la nuova “It’s Summertime” a scatenare le danze, seguita dalla riuscitissima cover di “Let’s Dance” di Bowie.
Si balla con i Morcheeba, oppure ci si commuove, si sogna, ci si abbandona a viaggi verso luoghi inesplorati, come con la stupenda “Blindfold”, succede con loro e con altre band, ma se c’è una cosa che rende speciale questo, come altri live della band londinese, è la sua eccezionale comunicatività. Non è Skye che invita al pubblico a ballare coreografie alla Carlton o a cantare, organizzando i cori prima di attaccare con “Let Me See”, non sono le chiacchiere del simpaticissimo Ross, ma è il vedere sul palco un gruppo di leggende, gente che ha segnato la storia della musica, che si diverte ancora a suonare e a tirare su un party con noi, come se quel palco fosse esattamente sullo stesso livello del parterre. Skye, mentre tiene in piedi un live, ha un occhio libero per vedere i ragazzi diversamente abili posizionati in un angolo da dove non si vede bene e li chiama: “Venite qui davanti, così vedete meglio”.
“Solo l’amore ci può salvare dal precipizio”, cantano in “Blaze Away” e ieri sera, dall’attacco fino alla chiusura di questo concerto perfetto con “Sweet L.A.” e “Rome Wasn’t Built In A Day”, di amore e buone vibrazioni era piena l’aria.
Cinzia Meroni – Foto di Mairo Cinquetti