Morrissey, le foto e il report del concerto a Padova del 22 ottobre 2014

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Sette date in Italia per Morrissey e quella di Padova del 22 ottobre 2014 è stata l’ultima. Una cosa che lacera il cuore, nostro e suo, è la triste consapevolezza che potrebbe seriamente essere l’ultimo appuntamento tra l’Italia e uno degli artisti più rilevanti che la musica inglese – e non solo – abbia mai partorito.

Parlando con chi è stato agli altri concerti di questo mini tour nella nostra nazione ci si rende conto di una cosa: Moz in questa memorabile serata è apparso un po’ stanco, provato ed emozionato. Al mordente delle prime tappe si è sostituita un’aura di inafferrabile malinconia. Qualcosa che è impossibile non percepire, a meno che la presenza in tale venue sia giustificata da qualche strana risorta tendenza. Si comincia con “Hand In Glove” dei compianti The Smiths, dei quali non ci sarà mai una reunion (ci siamo rassegnati?), ed è bene liberarsi subito del desiderio di ascoltare un buon numero di brani di quella discografia, come accaduto a Bologna pochi giorni prima, perché questa serata è solo per Morrissey e il suo saluto all’Italia. Si perde ogni punto di riferimento quando parte “Everyday Is Like Sunday”, spesso ultima traccia in setlist, ed è con “I’m Throwing My Arms Around Paris” che si lascia andare davvero, in balia dell’ispirazione che ha dato vita a quelle liriche piene di dolore. Un trasporto che tramuta il performer in uomo e mette in luce ciò che ha preso un’icona dell’indie britannico e l’ha elevata a materia di leggenda.
Non c’è limite al contatto umano messo in scena al Gran Teatro Geox, ma se si volesse individuare un punto di non ritorno, si potrebbe puntare il dito su “You Have Killed Me”, uno dei brani più toccanti del repertorio, magistralmente eseguito dall’ottima band, ingiustamente e inevitabilmente oscurata dalla presenza scenica dell’unico protagonista. Si snocciolano in tutto otto brani tratti dall’ultimo disco, “World Peace Is None of Your Business”, e solo “Meat Is Murder” dei The Smiths riesce ancora ad intrufolarsi. Dopo di essa, con il classico momento “Morrissey per il sociale” che non può mai mancare, arriva l’ora di un primo saluto, a cui segue un encore ridotto al minimo.

“One Day Goodbye Will Be Farewell” ha un compito durissimo. Ogni pezzo selezionato in ogni show di Morrissey ha un suo ruolo e ha bisogno di essere assimilato in quanto parte di un concerto organico, perché ogni movimento del suo autore ne valorizza il messaggio. Nulla è casuale nella sua carriera, così come non lo è la scelta di “One Day Goodbye Will Be Farewell”, che ripeto: ha un compito durissimo. Come ultimo brano di una serata così impegnativa, come unico brano di un encore sofferto, deve fare i conti con le disarmanti parole che lo precedono: “Remember me. Thank you“.

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