Di motivi per festeggiare questo 2019 in via di conclusione i Motionless In White ne hanno parecchi. A partire dal successo di “Disguise”, quinto full-length della formazione capitanata da Chris Cerulli, che sta riscuotendo consensi ovunque, fin dal giorno della sua pubblicazione, per arrivare all’unica data italiana della band originaria della Pennsylvania, che si è esibita lo scorso 2 dicembre ai Magazzini Generali di Milano.
Poche ore prima dell’inizio del concerto, abbiamo avuto l’opportunità di chiacchierare con il vocalist e mastermind dei MIW dell’importanza del primo live da headliner nel nostro Paese e di molto altro. “Hai visto quanta gente c’è già fuori dal locale?” esordisce Cerulli con un entusiasmo disarmante. “Di tutti i posti in cui abbiamo suonato in Europa ci mancava praticamente solo l’Italia come headliner. Durante l’ultimo tour non ci siamo neanche passati, e la gente da qui ci scriveva su Twitter e su tutti gli altri canali, “venite in Italia, venite in Italia!”. Ci abbiamo provato allora ma non ce l’abbiamo fatta, questa volta siamo stati noi a spingere per esibirci qui e alla fine, abbiamo ottenuto ciò che volevamo. C’è stato anche un upgrade della venue, il che dimostra quanto i fan già qualche tempo fa avessero ragione a insistere, e credo che sia la dimostrazione di affetto più grande che ci potessero dare”.
Di premesse per l’ottima riuscita della serata ce n’erano quindi molte in partenza, e in effetti, è andata proprio così. Il live dei Motionless In White è stato molto sentito, sia da sotto che sopra il palco, in uno scambio continuo di energie positive che ha mandato a casa soddisfatti sia chi aspettava da anni un concerto da headliner della formazione statunitense, sia chi ha fatto di tutto pur di accontentare i propri fan.
Inutile dire quanto “Disguise”, con ben otto brani in scaletta, sia stato il centro di tutta l’esibizione dei Nostri, in un tripudio di bassi ultra pompati e di breakdown spaccaginocchia, tenuti insieme da un fil rouge costante di basi tra l’industrial e la techno (basti pensare solo quanto “Auslander” dei Rammstein, proposta a pochi minuti dall’inizio del concerto, abbia scaldato gli animi calandoci nel mood della serata). “Brand New Numb”, “Code”, “Headache” (senza contare la più datata “Final Dictvm”, per la quale i Nostri sono stati raggiunti sul palco da Skold, opening act dell’evento e uno dei nomi più caldi dell’electro-industrial metal, nonché ex collaboratore di Marilyn Manson), sono solo una manciata di esempi di questo aspetto più danzereccio, che va a braccetto con i chorus travolgenti dei brani più melodici estratti da “Disguise”. E che ha visto una reazione inaspettata da parte del pubblico durante questa recente tournée dei Motionless In White, come ci ha dichiarato lo stesso Chris: “Di norma capita che ci sono alcuni fan che non conoscono ancora le canzoni più nuove, ma per qualche strano motivo durante il Disguise Tour (che è in giro per l’Europa dal 18 novembre, ndr), sembra che i pezzi nuovi riscuotano più successo rispetto a quelli più datati, ed è in effetti la prima volta che ci succede. All’inizio eravamo davvero stupiti e anche contenti, perché ovviamente siamo noi i primi a voler suonare più brani recenti. Certo, bisogna sempre trovare un equilibrio, che poi è quello presente in molti canzoni che abbiamo scelto di suonare. Ecco perché il pubblico le conosce e le apprezza già così tanto”.
Un equilibrio perfetto tra aggressione frontale e ganci melodici irresistibili, come dimostrano “Undead Ahead 2: The Tale of the Midnight Ride” e soprattutto “Catharsis”. Per quest’ultimo brano, il vocalist ha un debole particolare. “Catharsis è il pezzo preferito di tutta la band, chi per un motivo o per l’altro, ma c’è qualcosa di speciale in questa canzone, soprattutto nel testo, in cui tutti ci possiamo rispecchiare. La musica, in particolar modo quella suonata dal vivo tutte le sere, ha un potere salvifico incredibile per l’animo e per il cuore”. Le tematiche più intime e personali sono difatti al centro di tutto “Disguise”: “Ci sono un sacco di persone, incluso me stesso, che si svegliano ogni giorno e che per affrontare la propria quotidianità, devono nascondersi dietro finti sorrisi, dietro un’apparenza che non rispecchia il proprio mondo interiore. Da parte mia sono contento di come sta andando la band e la mia carriera, ma ci sono anche altri aspetti non esattamente positivi , e purtroppo ho dovuto per tanto tempo indossare una maschera e nascondere i miei veri sentimenti agli altri. Solo che a forza di fare così, la cosa è diventata ingestibile. “Disguise” parla proprio di questo, non lasciar trapelare le proprie sensazioni troppo a lungo, persino ai propri compagni di avventure, fino alla consapevolezza di doverlo fare e parlare chiaro per evitare di esplodere. Tutto l’album ruota attorno a questo concetto, era il momento giusto per farlo non solo per me, ma anche per gli altri ragazzi della band. Soprattutto durante la tournée a cavallo tra 2017 e 2018, abbiamo affrontato un sacco di problemi interni e negatività, ci stavamo lentamente allontanando gli uni dagli altri e non provavamo più piacere a fare ciò che facevamo, e tutto questo è finito in “Disguise””.
I frequenti cambi in line-up, l’ultimo dei quali ha visto l’ingresso in formazione dell’ex Ice Nine Kills Justin Morrow in qualità di bassista, non hanno impedito ai Motionless In White di mantenere una qualità e un approccio positivo nel corso degli anni, che si è tradotto in ottimi risultati in termini di vendite e album sempre più apprezzati anche da una nuova generazione di fan. Che sia la giornalista ultratrentenne coetanea dei membri della formazione, piuttosto che il teenager appena uscito dal liceo, non esiste un fan tipo dei MIW, ma un insieme quanto mai eterogeneo, a cui bisogna cercare di strizzare l’occhio nel modo più convincente possibile. “Ognuna di queste categorie ha gusti ed esigenze molto diverse, ma la nostra fortuna è di avere una proposta varia e di continuare a volere che sia così, in modo da accontentare un po’ tutti. Per dire, ai teenager magari una canzone come “Catharsis” non piace perché piace a noi che siamo più “vecchi”, mentre i giovani preferiscono i nostri pezzi più “old school”. È un lavoro duro non scontentare nessuno, ma abbiamo sempre cercato di fare del nostro meglio”.
A tal proposito, durante il concerto dei Nostri non è mancata qualche sporadica incursione nel passato remoto del combo (vedi “Devil’s Night”, estratta dal secondo disco dei MIW, “Infamous”), che ha lasciato intravedere il lato più strettamente metalcore e heavy del quintetto, che nonostante la svolta radiofonica da sempre presente in stato embrionale ma ancora più evidente nelle ultime produzioni, continua ad essere vitale nella proposta dei Motionless In White. Un lavoro di lima non indifferente, soprattutto per quanto riguarda la voce di Cerulli, uno degli highlights della band, e di cui ci ha dato conferma anche durante questo tanto atteso primo show da headliner in suolo italico. “La mia voce è cambiata naturalmente negli anni perché ho iniziato a cantare molto presto. A parte questo, non ho mai voluto cantare sempre allo stesso modo o con il medesimo stile, ho sempre sentito di riuscire a fare parecchio con la voce, e quindi ci ho provato, se non altro. Ho preso anche qualche lezione di canto un paio di anni fa e penso che siano state di aiuto nel mio intento, ora canto in un modo più tecnico e meno viscerale”.
Chi conosce i Motionless In White sa bene quanto l’horror sia un elemento fondamentale, che sia a livello estetico, musicale e lirico. Chris ci ha confessato quando è iniziato tutto, con gli occhi colmi dell’emozione dell’adolescente che fu. “In realtà quando ero bambino ero terrorizzato dai film dell’orrore, ma un giorno, così senza motivo, mi è scattato qualcosa in testa, ho iniziato a guardare con occhi diversi Mike Myers, Freddy e Jason, fin tanto da non averne mai abbastanza, anche oggi. Avevo 12 o 13 anni quando ho visto il primo “Halloween”. Penso che sia stato un momento di svolta nella mia vita, il mio passaggio dall’infanzia all’età adulta. Da quel momento mi sono avidamente nutrito di tutto quanto ruotasse attorno alla cultura horror, mi piace ogni tanto ricreare sul palco alcune scene e situazioni topiche, e mi tengo sempre aggiornato su quanto di nuovo possa uscire, per non parlare dei travestimenti che per me vanno avanti ben oltre le feste di Halloween. Adoro la creatività e l’unicità di questo mondo, è terribilmente intrigante”.
Rimanendo in tema, non poteva spettare che a “Eternally Yours” (singolo incluso in “Graveyard Shift”, un altro album decisamente saccheggiato nel corso della serata) la degna conclusione di uno spettacolo in cui l’entertainment puro, quello di qualità e studiato nei minimi dettagli, è stato il protagonista assoluto, insieme a una dedizione che sia da parte della band che del pubblico stesso ha portato i Motionless In White a costruirsi una lunga carriera spesso in salita, ma anche e soprattutto costellata da piccoli grandi successi, da ultimo questo primo live da headliner a Milano.