Mötley Crüe + Alice Cooper, il report del concerto a Milano del 10 novembre 2015

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Durante l’unica data italiana del The Final Tour che ha portato i Mötley Crüe al Mediolanum Forum di Assago il 10 novembre 2015 per l’ultima volta, mi sono sentita come una bambina al luna park. Luci, colori, effetti speciali, attrazioni da parco divertimenti, c’era proprio tutto. Perché ammettiamolo, chi era presente ieri sera l’ha fatto per lo show, non tanto per la musica.
In leggero anticipo sulla tabella di marcia, i Saint Asonia capitanati da Adam Gontier scaldano i motori con una manciata di brani tratti dall’omonimo debutto del super gruppo e con la cover di “For You” degli Staind. Il loro però è un arrivederci, non un addio. Li aspetto al varco.

Dopo questo gustoso antipasto, la prima portata è offerta dallo spettacolo grandguignolesco di Alice Cooper, che ha portato in scena il suo circo degli orrori con un piglio molto Eighties e coinvolgente. Il pioniere dello shock rock si presenta in una mise che a me ricorda tanto Beetlejuice, con lo stesso atteggiamento strafottente e irresistibile. Ma il bello è che in questo tripudio di mostri, decapitazioni, infermiere sexy, camicie di forza e pitoni, è la musica a spiccare: onore alla band di Mr. Furnier che è riuscita a tenere testa a tutto il contorno di effetti visivi con ottimi risultati. Tra “No More Mr. Nice Guy”, “Poison” e “School’s Out” (con tanto di citazione floydiana finale con “Another Brick in the Wall”) si canta e ci si diverte per sessanta minuti buoni.

Devo confessare che con i Mötley ho sempre avuto un rapporto burrascoso. Da un lato, volendo mantenere la mia scorza da thrasher, ho sempre cercato di nascondere questa “malsana” passione per il glam, ma di certo ieri sera me la sono proprio goduta senza remore. Anzi, mi sono resa conto di conoscere molti più pezzi di quanti pensassi, e mi sono riempita gli occhi di uno spettacolo che difficilmente rivedrò (non dai Mötley Crüe sicuro). La produzione da urlo va a coprire le pecche musicali, vedi alla voce Vince Neil, che già da “Girls, Girls, Girls” lascia le note più alte al pubblico, che però sembra più interessato alle fiammate, ai botti e alle coriste/ballerine per accorgersi delle lacune del vocalist. La setlist non offre nessuna sorpresa rispetto alle date precedenti, seguendo un copione collaudato che quindi non si si va a cambiare per nessun motivo. Tra una “Same Ol’ Situation (S.O.S.)” e una “Smokin’ in the Boys’ Room”, Nikki Sixx osanna il pubblico e non esita a ricordare le sue radici italiche, mentre Mick Mars ci regala i suoi assoli e ci crede tantissimo, calpestando la spondilite anchilosante contro cui combatte da una vita. Fuoco, fuoco e ancora fuoco durante “Shout at the Devil”, tanto che la temperatura sale all’inverosimile, complice il basso lanciafiamme di Sixx e il microfono/pentacolo arrostito per l’occasione. Mi sono conservata per ultima la menzione d’onore a Tommy Lee per un motivo preciso: la sua performance acrobatica sulla batteria rollercoaster sospesa lungo il parterre è valsa da sola il prezzo del biglietto. Oltre a divertirsi lui stesso come un bambino, e a farci capire che lo rivedremo prossimamente su questi schermi nella veste zarra che ormai gli si confà di più. E non finisce qui, perché sul finale di “Kickstart My Heart” due bracci meccanici fanno fluttuare Vince Neil e Nikki Sixx tra mille esplosioni di stelle filanti e coriandoli, manco fossimo al Carnevale di Rio. Per non parlare dell’encore con “Home Sweet Home” eseguita su un palco secondario che ha permesso anche alle ultime file di vedere (e toccare di sfuggita) i nostri eroi. Qui qualcuno stava per avere una sincope e si deve ancora riprendere adesso.

Chiudo dicendo che “Shout at the Devil” è uno dei primi vinili che mi sono stati regalati e ci sono affezionata in modo particolare, perché mi ha permesso di apprezzare una band che avevo stupidamente schifato negli anni passati (facendomi prendere pure una sbandata per Vince Neil e Tommy Lee dei tempi d’oro, tutta colpa delle foto della band presenti all’interno del disco, che ho tenuto a mo’ di poster in cameretta per un bel po’). Per coronare questo sogno post-adolescenziale, mi mancava solo vederli live e l’ultima Disneyland dei Mötley Crüe ha vinto facile, con buona pace dei suoni e della voce perfetti. Per una volta, anche l’occhio ha voluto la sua parte e l’ha ottenuta.

Foto di Marco Brambilla

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