Una vera e propria festa delle mazzate quella del 6 febbraio al New Age Club di Roncade (TV), che ha visto sul palco del locale veneto una delle realtà più importanti del grind italiano, i Cripple Bastards, e la band che, nel corso della sua carriera quasi trentennale, ne ha codificato lo stile e l’attitudine, gli inglesi Napalm Death. Affluenza discreta, tenendo conto del fatto che questo è un tour composto da più date e, soprattutto, che la band di Shane Embury ha suonato nello stesso locale solamente 9 mesi prima (tour con i Suffocation).
Ad aprire la serata, con un set “infuocato” di circa 40 minuti, la band italiana capitanata da Giulio the Bastard. Un gruppo ostico, che si può solamente amare alla follia o odiare per partito preso; diciamo solamente che il set proposto in questa serata è stato migliore rispetto al concerto fatto in occasione della data dei Brujeria, sempre al New Age Club, di un paio di anni fa. Tante canzoni per la band piemontese, un’attitudine sul palco che può far discutere, ma che sprigiona energia da tutti i pori. In poche parole, un concerto devastante.
I Napalm Death salgono sul palco poco dopo le 23.30 con la strada già spianata dal set precedente; è bastata una “Instinct of survival”, piazzata come secondo brano, per confermare il fatto che i maestri sono e restano soltanto loro. La band, nell’ora e mezza a disposizione, si prende il lusso di pescare brani da quasi tutta la vasta discografia, con una certa preferenza (anche per la breve durata dei brani) per i primi due dischi: molti, infatti, sono gli estratti dal seminale “Scum”, tra cui una “You suffer” piazzata a sorpresa, e dal successivo “From enslavement to obliteration”, con tanto di title track proposta a velocità quasi raddoppiata. Spazio anche alla parte finale della loro carriera, con una riuscita “Code Is Red…Long Live the Code” e agli estratti del recente, e promosso dalla critica, “Time Waits For No Slave”. In tutto questo massacro, la band di Birmingham trova anche spazio per “Nazi punks fuck off”, cover dei Dead Kennedys presente nell’EP “Leaders not followers”.
Niente da dire sulla perizia strumentale dei quattro, praticamente perfetta. Una nota di merito sul frontman, “Barney” Greenway, tanto schizofrenico durante le canzoni, quanto pacifico e tranquillo durante le pause. Ringrazia più volte i presenti per il calore dimostrato, spiega il significato dei pezzi e, non molto a sorpresa, definisce i Raw Power una delle più importanti band italiane di sempre, seminali per la nascita degli stessi Napalm Death. Persone umili e fedeli alla linea come loro non si trovano facilmente: teniamoceli stretti finché durano, perché di musicisti di questa caratura tecnica, qualitativa e morale non si trovano facilmente.
Nicola Lucchetta