Pochi cazzi: i Negrita del Club Tour 2016 sono una delle migliori cose capitate alla recente storia live italiana. I motivi sono molteplici e sono apparsi cristallini alle diverse centinaia di persone presenti all’Hiroshima Mon Amour di Torino in data 3 marzo 2016, per il primo di due appuntamenti ovviamente super sold out.
Andiamo con ordine: sentire una band da palazzetto in un club è sempre una figata, su questo siamo tutti d’accordo, no? Se poi la band ha suoni della madonna, musicisti della madonna e un tiro della madonna, allora non resta che domandarsi se abbiamo tutti un microfono in tasca o se siamo solo felici di rivedere Pau e soci.
Fa già uno strano effetto trovarsi davanti un impianto luci così grosso e cazzuto in una venue così piccola, ma la vera svolta arriva all’attacco “Ehi! Negrita”: i suoni non sono quelli merdosi tipici delle arene dello scorso tour. Sono i suoni dell’Hiroshima, quindi una bomba. E dubito che nelle recenti apparizioni torinesi della formazione toscana si sia sentito di meglio.
Il secondo motivo per cui la data non è solo un classico concerto dei Negrita è che – Pau ci tiene a sottolinearlo più volte durante lo show – si tratta di un format specifico e inedito, di quelli per cui bisogna solo ringraziare. Niente encore, niente smancerie classiche: due set, intervallati da un breve intermezzo definito “Whisky Time”. Vecchia scuola, stile assoluto. E il repertorio è “di recupero”, nel senso che vengo tirati fuori dal cilindro diversi brani inusuali, autentiche chicche. Ma allo stesso tempo la selecta è puro rock’n’roll. Non ci sono lenti, pochi singoloni. Pau nelle interviste per promuovere la tournée aveva parlato di “una scaletta fatta di muscoli e distorsioni“. E così è!
Pezzi attinti da praticamente ogni disco, ma a differenza delle date 2015 solo un paio di essi arrivano dal recente “9”, ultima prova in studio. A dominare sono “Reset” e “Helldorado”, due album tutt’altro che adiacenti nella discografia, ma entrambi boe fondamentali del percorso.
Dal sing-along di “In Ogni Atomo” e di “Hollywood” al pogo di “Radio Conga” e soprattutto “Cambio”, direttamente dall’omonimo esordio. A fomentare il pubblico ci pensano Pau – sempre più rocker, sempre più carico – e Giacomo “Giacomino” Rossetti, bassista dal 2014 e vero tessuto muscolare delle recenti performance dal vivo dei Negrita. Poi chiaramente le solite prove maiuscole di Mac e Drigo alle chitarre fanno il resto.
La platea ad onore del vero comincia un po’ in sordina, tant’è vero che non si fanno attendere i cazziatoni del frotman, che ovviamente non è tornato all’Hiroshima a 22 anni (VENTIDUE ANNI) dal precedente passaggio per vedere un pubblico statico e silenzioso. La risposta è quasi surreale: nel giro di qualche brano l’Hiroshima esplode, fa casino, restituisce alla band la stessa energia proposta. Ma niente e nessuno sta al passo di Pau: definirlo tarantolato è riduttivo. Nel senso che se gli altri frotman italiani riuscissero, pure pippando, ad avere anche solo la metà della sua esplosività, beh, saremmo uno dei Paesi più cazzuti del giro.
A due ore dall’inizio c’è sempre la solita “Mama Maè” a chiudere, col botto, mentre nel frattempo i motivi cui si accenneva sopra sono diventati troppi da enumerare. Ormai ci sono solo sold out, ma se non avete un biglietto per il Club Tour dei Negrita correte ai ripari. Quando gli amici vi dicono “guarda che i Negrita dal vivo spaccano“, non solo dicono il vero, ma probabilmente dei Negrita così non lo hanno mai visti, o non li vedono dal ’94.
Fotografie a cura di Alessandro Bosio