Nightwish & Guests – Palasport, Pordenone 31 marzo 2009

Una serata perfetta, escludendo alcuni problemi tecnici che hanno costretto gli organizzatori a tagliare una parte rilevante del set dei Volbeat, che si sono ritrovati a suonare una manciata di pezzi rispetto ai 40 minuti previsti. Perfetta perché non capita spesso di vedere concerti con quattro band totalmente diverse tra loro acclamate da tutti i presenti, nessuno escluso.
Una buona affluenza al Palasport di Pordenone, ragazzi di giovane età in prevalenza accolgono i finlandesi Nightwish, gruppo che ormai è sul punto di superare i confini del metallo per diventare un fenomeno di massa. Ad accompagnarli in questo tour, i danesi Volbeat (hot stuff del momento in Scandinavia), gli svedesi Pain (per la seconda volta in due mesi in Italia) e le finlandesi Indica, gruppo giovane prodotto da Tuomas Holopainen, tastierista dei Nightwish.

Alle Indica il compito di aprire la serata. Rimandate a settembre: carine son carine, bravine son bravine, i pezzi bellini ci sono, ma la pessima cover di “Wuthering Heights” di Kate Bush è l’equivalente di una pugnalata al cuore. Peccato: vedere un set interessante bruciato da una cover riuscita male non è una gran cosa, visto che nei venti minuti a disposizione le cinque finlandesi rockettare han dimostrato di saperci fare.

Pochi brani per i Pain, non più di 25 minuti di set, ma intensi. La band di Peter Tagtgren propone, nei tempi a disposizione, una scaletta equilibrata, nella quale viene dato spazio all’ultimo disco (“I’m going in” e “Monkey business”), ad alcune perle degli album precedenti (una “Same old song” inaspettata e “Nailed to the ground”). Dei tre gruppi spalla, gli svedesi sono stati i più acclamati dai presenti: una band che potenzialmente potrebbe essere di spicco nel panorama del “metallo facile”. A chiudere il concerto, una “Shut your mouth” cantata da tutti che ha rischiato letteralmente di far crollare il palazzetto.

Come già anticipato ad inizio articolo, il concerto dei Volbeat è stato minato da un taglio fin troppo esagerato al loro tempo a disposizione. Pochi i brani proposti, un peccato parlare così poco di una band che avrebbe meritato molto di più, ma che per cause tecniche non è stata in grado di proporre il set programmato nella sua interezza: dispiace perché la miscela di heavy metal e rockabilly è stata apprezzata dai più. Certo, una “Rebel monster” poteva essere suonata, ma questo non mina un giudizio comunque pienamente positivo.

Questo potrebbe essere il tour della consacrazione definitiva dei Nightwish. Il motivo è presto detto: ormai Anette Olzon si è scrollata di dosso le indecisioni degli esordi, è entrata a regime nell’universo Nightwish, riuscendo a dimostrare ai fan che con la sua impostazione vocale più pop e meno “lirica” rispetto alla storica Tarja Turunen, la resa dei brani vecchi e nuovi non viene sacrificata. Anzi, le canzoni dei dischi precedenti acquisiscono una nuova dimensione. La scelta fatta un paio di anni fa, di “rottura” rispetto al recente passato, sta dando i suoi frutti. Tanti gli estratti dall’ultimo disco “Dark passion play” in questa data friulana, ma buona parte della scaletta è dedicata anche ai precedenti cd: non solo spazio a “Nemo”, “Dark chest of wonders” e “Wish I had an angel”, ma anche una “Dead boy’s poem” ripresa da “Wishmaster”, disco del 2000 che aveva lanciato la band nel panorama internazionale.

Gruppo in pallissima, ormai rodato e ricco di esperienza, che tiene senza problemi le due ore di show: preciso con gli strumenti, ma pronto a fare spettacolo e divertire i presenti. Parte integrante dello show anche la scenografia, che ricorda molto il mare (con le scogliere di polistirolo e la barca/postazione di Tuomas Holopainen), e lo spettacolo visivo di luci e “confetti”. Come già detto prima, Anette impressiona positivamente: ormai è lei la cantante della band, e anche se la presenza scenica non è impressionante, il suo talento vocale compensa ogni lacuna (unica nota negativa che ci permettiamo di fare: Anette, torna con i capelli neri che stai molto meglio, ndr).

“Wish I had an angel” chiude in bellezza una serata infrasettimanale che ha consacrato il valore di due band (Nightwish e Pain), ne ha rimandata una ad una possibile data da headliner nell’immediato futuro (Volbeat) e ha fatto intravedere il valore di un act potenzialmente interessante (Indica). E ha dimostrato soprattutto una cosa: che il metallo, quello più leggero e orecchiabile, è veramente alla portata di tutti.

Si ringrazia Azalea Promotion, e in particolare Luigi Vignando, per la preziosa collaborazione.

Nightwish setlist: 7 Days To The Wolves – Dead To The World – The Siren – Amaranth – Romanticide – Dead Boy’s Poem – The Poet And The Pendulum – Nemo – Sahara – The Islander – Last of the Wildes – The Escapist – Dark Chest Of Wonders – Ghost Love Score – Wish I Had An Angel

Nicola Lucchetta

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