Dopo una prima tappa a Milano, l’8 luglio 2015 Noel Gallagher e i suoi High Flying Birds si sono spostati alla Company Arena di Piazzola sul Brenta (Padova) per esibirsi nel loro secondo concerto estivo italiano, inserito all’interno del cartellone dell’Hydrogen Festival.
Sotto un cielo nero carico di nubi, la band sale sul palco puntualissima alle 21.45 e attacca con “(Stranded On) the Wrong Beach”, seguita da “Everybody’s on the Run”. Non c’è male ma è dal terzo pezzo che la band ingrana veramente la marcia con “Lock All Doors” e con il recente singolo “Heat of the Moment”. Nel frattempo, dietro al palco i fulmini si uniscono alle luci di scena, formando un effetto ottico niente male – almeno fino alle prime gocce, che cadono su “Riverman”.
La scaletta è un’ottima commistione di pezzi tratti dai due album con gli High Flying Birds, il primo disco omonimo e il recente “Chasing Yesterday”, e brani dell’immortale repertorio Oasis, che il pubblico conosce decisamente meglio e canta con una certa emozione. L’acqua inizia a scrosciare su “You Know We Can’t Go Back”, uno dei pezzi più coinvolgenti dell’ultimo album: la pioggia illuminata dai riflettori, i cori e alla fine della canzone Gallagher che imbraccia un’acustica e suona “Champagne Supernova”, con sommo apprezzamento del pubblico ormai lavato di tutto tranne che dell’entusiasmo, contribuiscono a creare uno dei momenti migliori della serata.
Ora però non piove, diluvia, e tira pure verso il palco, quindi lo show si interrompe, mentre il pubblico fugge verso i portici in cerca di un riparo. Mezz’ora di stop, poi si riparte per la seconda metà dello show. Gallagher è di poche parole e sia lui che i suoi musicisti sono molto contenuti nei modi, ma un paio di volte dialoga con la folla. Giusto per fargli capire che si trova in Italia, e non in un Paese qualsiasi, il pubblico intona un incessante “Olè olè olè olè Noel, olè!”, che lui si gode per qualche secondo prima di chiederci se abbiamo finito, perché lui sarebbe lì per suonarci una “fucking song”! Tra i pezzi più interessanti di questa parte dello spettacolo spiccano “Whatever”, dell’era Oasis, e “The Mexican”, brano dell’ultimo album che l’autore aveva anticipato non sarebbe finito annoverato tra i suoi lavori migliori ma che dal vivo avrebbe reso sicuramente molto bene – e così è stato.
Invece di uscire per i bis, dati i minuti già persi a causa del maltempo, la band suona tutto di fila. La tripletta finale è una bomba: “The Masterplan”, classe 1995, b-side della celeberrima “Wonderwall”; a seguire “AKA… What A Life!” e poi l’epilogo con il capolavoro per eccellenza: “Don’t Look Back in Anger”. Non che ci sia bisogno di spendere parole su quest’ultima canzone, ma si riconferma in ogni caso un pezzo di altissimo livello.
Noel Gallagher dal vivo merita? Sì. Forse potrebbe lasciare momentaneamente interdetti quei fan che sono abituati ad artisti più espansivi nei confronti del pubblico che hanno di fronte, ma musicalmente parliamo di una band impeccabile a livello esecutivo e che unisce gli strumenti rock più classici a un terzetto di fiati che contribuisce a particolareggiare il sound degli High Flying Birds.
Fotografie a cura di Cristina Checchetto