Papa Roach, le foto e il report del concerto a Milano del 24 settembre 2017

Un concerto dei Papa Roach è esattamente come le serate rock a 360 gradi che facevano il sabato sera all’Alcatraz. E ritrovarsi proprio nella venue milanese ad assistere a un live di Shaddix e soci è stato un vero e proprio tuffo nel passato. Sì, perché i Nostri non hanno suonato solo le loro “Last Resort” e “She Loves Me Not”, ma anche “In The End” e “Song 2”, che ovvio, loro non sono, ma sono pezzi immancabili in qualunque discoteca rock un po’ retro degna di questo nome.

Con qualche minuto di ritardo sulla tabella di marcia, la band statunitense sale sul palco lasciando presagire che sarebbe stato lo spettacolo di sempre. E per un certo verso lo è stato. I miei dubbi non erano tanto sui musicisti (Jerry Horton alla chitarra, Tobin Esperance al basso e Tony Palermo alla batteria), che chi più o chi meno, sono ormai dei punti fermi nella formazione, quanto sullo stato del frontman Jacoby Shaddix, che sulle urla di “Between Angels and Insects” faceva un po’ troppo il prezioso, cedendo furbescamente il microfono al pubblico. Ma per fortuna, il registro nel corso della serata è stato ben diverso, e il vocalist classe 1976 aveva solo bisogno di carburare un attimo per trasformarsi nell’animale da palcoscenico che chi conosce anche solo per sentito dire i Papa Roach, ha ben presente. Quindi, tanta energia, sudore e partecipazione.

La sorpresa più grande però sono stati i pezzi più recenti. Lasciando ampio respiro a “Crooked Teeth”, l’ultimo disco pubblicato lo scorso maggio, la band vince facile e ripete più di una volta quanto sia piacevole suonare i brani nuovi (che bomba “None of the Above”, tanto per dire). E si sente. Lo slancio verso la novità e il futuro è talmente forte che a un certo punto la band si tuffa nell’accenno di quella che molto probabilmente sarà una nuova canzone contenuta nel prossimo disco di inediti, dal titolo (provvisorio?) “Geronimo”.

La setlist quindi riserva qualche chicca rispetto al passato, ma non disdegna i grandi classici contenuti in quel capolavoro che era “Infest”, come “Dead Cell” e la già citata “Last Resort” (con tanto di bagno di folla del nostro buon Shaddix), ripercorrendone praticamente in toto la carriera e trovando anche il tempo di abbandonarsi al romanticismo con il trio composto da “Scars”, “Periscope” (quest’ultima leggermente forzata, proprio perché senza la voce di Skylar Grey ci perde molto in atmosfera) e “Gravity”.

In apertura accennavo all’effetto amarcord, e niente, inutile dire che una “Song 2” dei Blur suonata dai Papa Roach è davvero d’impatto, e la chiusura di “Forever” con il refrain di “In The End” dei Linkin Park fa un certo effetto, ricordando apertamente Chester Bennington (e pure Chris Cornell), per poi ridestarsi immediatamente dopo con Shaddix che urla “stasera siamo qui per celebrare la vita e la musica. E’ la musica a rendere il mondo un posto migliore” ripartendo in quarta con l’inno dei sogni infranti, “American Dreams”, contenuto in “Crooked Teeth”.

Che dire, un concerto dei Papa Roach è perfetto se siete trentenni o giù di lì per rivivere le hit della vostra adolescenza e per avere prova che la band goda ancora di buona salute e abbia voglia di continuare a sfornare nuova musica (e anche di qualità). Una sorta di rassicurazione che la vita nonostante tutto vada avanti, con i suoi punti fermi. Fatto dimostrato dal sold out dello show, e da un pubblico (di trentenni, appunto), che per un attimo ha dimenticato le sfide (e le sfighe) di tutti i giorni per gridare all’unisono “cut my life into pieces, this is my last resort”.

Papa Roach, le foto del concerto a Milano del 24 settembre 2017

Fotografie a cura di Mairo Cinquetti