Parkway Drive – Milano, 4 febbraio 2016

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Parcheggiati i surf nel naviglio, i Parkway Drive arrivano belli freschi direttamente dall’Australia (a dir la verità sono in tour per il mondo da un bel po’) per la loro data italiana al Fabrique di Milano del 4 febbraio 2016. Dire che il botto di “Ire”, ultima pubblicazione della band di Byron Bay risalente allo scorso anno, abbia creato un hype assurdo attorno all’evento è poco, ed eravamo in molti ad essere curiosi di testare in sede live i nuovi pezzi (anche quelli vecchi in realtà, almeno parlo per me che in passato non ho mai avuto occasione di incrociare i Parkway dal vivo).

Una grande certezza della serata è stata il pubblico di giovanissimi ed esaltati a mille. Saranno parole da vecchia zia, ma i circle pit spensierati e il crowdsurfing continuo durante il set di Thy Art Is Murder e Architects (che vantano una fanbase davvero agguerrita) mi hanno strappato più di un sorriso compiaciuto e un pizzico di nostalgia per un passato in cui potevo sfasciarmi e non dovere andare a lavorare il giorno dopo.

Venendo ai Parkway Drive, l’apertura con “Destroyer”, opener di “Ire”, lascia presagire quale sarà il focus dell’intera performance: i pezzi più recenti ovviamente, e una serie di novità non solo legate strettamente alla musica. In primis, i capelli di Winston McCall, parliamone. So che mi attirerò le ire di molti, ma il giallo paglierino mi ha davvero lasciato perplessa. A parte i miei gusti personali, anche questo è un chiaro segnale di apertura verso nuovi lidi e un pubblico più vasto, così come il vestiario che cela muscoli e tatuaggi, di solito ben in evidenza.

Ciò non toglie che l’energia e la carica dei cinque australiani non sia rimasta a casa, e anzi, il tiro dei brani tratti dall’ultima fatica di studio è preciso e centra il bersaglio con proiettili esplosivi (tipo “Bottom Feeder”). I tuffi nella storia più antica della formazione (“Carrion”, “Idols and Anchors” e “Romance is Dead”) emozionano sempre, ma sottolineano ulteriormente la direzione più “generalista” che il gruppo ha deciso di prendere. E dopo questa buona prova, staremo a vedere se anche in Italia i nostri saranno pronti a fare il grande salto nei palazzetti o se rimarranno una (gran bella) band da festival.

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