È Passenger il quarto ospite del Pistoia Blues 2015: mercoledì 15 luglio il cantautore folk britannico è salito sul palco montato nella centrale Piazza Duomo per il primo concerto del suo mini-tour italiano, che lo vedrà protagonista nei prossimi giorni anche al Sexto ‘nplugged di Sesto al Reghena e al Collisioni Festival di Barolo.
L’artista aveva dato un’anticipazione del concerto la sera di martedì 14, esibendosi in Piazza della Sala (piccola piazza nel centro di Pistoia, vicino a Piazza Duomo) in una performance acustica gratuita, da vero busker quale è stato e, per divertimento e passione, ogni tanto continua ad essere.
Il compito di aprire la serata spetta ai torinesi Proclama, unica band nella line-up di giornata, che propongono il loro pop-rock ai presenti, suonando anche una cover del classico dei Coldplay “Yellow”.
Dopo di loro è il turno del cantautore australiano Stu Larsen, amico e compagno di tour dell’headliner, con il quale condivide anche il genere e il modo di esibirsi, cioè senza band e accompagnato dalla sola chitarra (l’australiano, in un paio di occasioni, aggiunge anche l’armonica, in pienissimo stile folk). Il suo set risulta molto valido, il pubblico lo prende da subito in simpatia e risponde ai suoi inviti, e alla fine il risultato è ottimo; nella performance risaltano “San Francisco”, uno dei migliori brani della sua produzione, e una bella cover di “What a Wonderful World” di Louis Armstrong.
Poco dopo le 22:30 tocca a lui, Passenger, che appena guadagnato il palco esprime apprezzamenti per la bellezza della piazza (lo aveva fatto anche Larsen, forse dovremmo segnalare quando qualcuno non lo fa) e poi attacca “Fairytales & Firesides”, brano del suo secondo album da solista “Divers & Submarines”. Basta una canzone per capire quali superpoteri risiedano nell’apparentemente innocuo ragazzo di Brighton: una immensa capacità comunicativa, che permette di legare immediatamente con gli spettatori su una base molto sincera, e la reattività ad ogni minima cosa che accade, sia sul palco che tra il pubblico, che spesso viene tramutata in un momento comico. Il tutto senza mai smettere di suonare, e di suonare bene, perché pur sempre di musica si tratta.
In questo modo anche un concerto senza una vera band può diventare qualcosa di grandioso. Michael ci scherza su (“Sono solo io, non c’è una band, vi va bene lo stesso?“) e poi prosegue cavalcando con disinvoltura questo stile affinato con gli anni. All’interno di “Wrong Direction” c’è spazio per uno snippet di “What Is Love” di Haddaway (sì, quel brano dance che nell’estate del 1993 si sentiva ovunque e comunque), mentre la pungente “I Hate” e il suo ritornello immediato vedono crescere notevolmente l’interazione con la platea.
Non mancano momenti più riflessivi, in particolare durante l’esecuzione di “Travelling Alone” dall’ultimo album “Whispers II”, che è seguita da un’intensa cover di “The Sound of Silence” di Simon & Garfunkel. Un medley di alcuni brani eseguiti parzialmente lancia la volata alla sua canzone più famosa, “Let Her Go” (che tanti confondono con “Let It Go” del film animato “Frozen”, e anche qui al termine ci scherza su), e in questo caso non c’è bisogno che sia lui a invitare il pubblico a farsi sentire, con la magia che conquista Piazza Duomo.
Dopo la travolgente “27”, Passenger richiama sul palco Stu Larsen ed insieme cantano “Heart’s On Fire”, regalando ancora tonnellate di brividi e concludendo il tutto con un bell’abbraccio tra amici.
Prima della pausa arriva l’inedita (ma già eseguita in alcuni concerti) “Beautiful Birds” e quindi “Scare Away the Dark”, con l’artista che invita tutti a ripetere il coro finale. E il pubblico non smette per un secondo, neanche durante la pausa, così che quando il cantautore torna sul palco ovviamente si riaggrega al coro; è come se la canzone fosse iniziata prima prima dell’intervallo per poi rimanere in vita e finire durante l’encore: personalmente non ricordo di aver mai assistito a una cosa del genere.
Il vero bis vede l’esecuzione in successione di “Things That Stop You Dreaming” e “Holes”, e quindi le luci si riaccendono su Piazza Duomo.
Lo ammetto: la prospettiva di assistere a un concerto intero con un solo uomo sul palco mi generava qualche perplessità, ma Michael Rosenberg le ha immediatamente spazzate via come fosse un tornado. Il cantautore britannico, dietro all’aspetto da bravo ragazzo, ha carisma da vendere, è costantemente “sul pezzo”, coinvolge il pubblico con una facilità impressionante e il tutto, unito alla sua validissima produzione musicale, alza notevolmente il livello delle esibizioni. Il suo spettacolo non ha punti deboli e probabilmente una band sarebbe una limitazione, sia perché l’improvvisazione è un suo punto di forza sia perché è proprio quell’assenza a differenziarlo dai colleghi.
Dal punto di vista strettamente musicale c’è poco da appuntare: Passenger ha saputo dare una veste acustica a tutti i suoi brani e li esegue in modo semplice ed efficace, sfruttando anche un microfono posto sul pavimento grazie al quale, con i piedi, riesce a creare un ritmo di base. Resta un piccolo rimpianto per il fatto che gli stessi pezzi su album abbiano un arrangiamento completo e potrebbe essere interessante ascoltarli dal vivo anche in quella versione, ma per il momento non ci sono motivi sufficienti per lamentarsi di Passenger in edizione One Man Band.
Fotografie a cura di Mathias Marchioni.