Se consideriamo le premesse, che davano un Eddie Vedder non in forma al concerto di Milano, la seconda tappa di Padova del tour italiano dei Pearl Jam è stata un successo clamoroso. Di sicuro, dal punto di vista dell’affluenza, la serata è andata alla grande: i numeri delle grandi occasioni, con tribune piene in ogni ordine di posto e un parterre anch’esso imballato e più volte immortalato dalle riprese dall’alto della produzione dello show.
Ma partiamo subito da quello che è stato l’ago della bilancia dello show: la voce di Eddie Vedder. C’è, si sente e arriva nel cuore dei presenti già dalle prime note di “Pendulum”, che apre in maniera anomala un concerto che sarà caratterizzato principalmente dal repertorio più rock del gruppo. Ciò detto, dire che lui si sia ripreso al 100% non è del tutto corretto, viste le evidenti difficoltà emerse su alcuni pezzi, a volte palesi (“Do the Evolution”, “Animal”) e altre nascoste con gran mestiere (il ritornello di “Even Flow” cantato praticamente dal pubblico), e sulla parte finale del primo set. Dubbi spazzati via senza alcuna riserva nel lunghissimo encore, arrivato dopo una lunga pausa, composto da ben undici canzoni e che ha portato la durata dello show vicina alle tre ore.
Una cosa è certa: la sinergia tra i sei sul palco rende lo show praticamente perfetto, con il metronomo Matt Cameron sugli scudi e un Mike McCready in stato di grazia. Il chitarrista sarà insieme a Vedder il mattatore della serata, con tanto di corsa attorno al palco durante “Spin the Black Circle”, ma sicuramente ci si ricorderà di più dei lunghissimi assoli suonati su “Low light”, “Corduroy” (introdotta da un brano improvvisato dallo stesso Vedder dedicato a Padova) e “Porch”.
Il legame tra band e fan è fortissimo e, a distanza di molti anni, Vedder ricorda ancora con rammarico quel concerto cancellato all’Heineken Jammin Festival del 2007 nel non tanto lontano Parco San Giuliano, ringraziando per il cielo estivo della serata, ringraziando inoltre più volte i presenti. Uno show dei Pearl Jam è musica ma anche un continuo dialogo con il pubblico. E se dal pit emerge un simbolo che ricorda il legame tra il gruppo e la squadra di baseball dei Chicago Cubs (festeggiarono la vittoria alle World Series con due concerto al leggendario Wrigley Field di Chicago), dal palco arrivano feroci critiche all’attuale amministrazione Trump, con “Daughter” indirizzata alla figlia Ivanka e l’invito al pubblico a dare all’attuale Presidente un “calcio nel sedere”. Il contatto non è solo verbale ma anche fisico e, oltre ai numerosi sguardi di complicità con le prime file, lo stesso Vedder canterà la parte finale di “Porch” aggrappandosi alle transenne e ricevendo l’abbraccio del pubblico.
Infine la scaletta che, non avendo un disco da promuovere (l’ultimo “Lightning Bolt” sarà ricordato con “Mind Your Manners” e la già citata “Pendulum”), gioca sul sicuro incentrandosi principalmente sul repertorio degli anni Novanta, una scelta che ha fatto sicuramente contenti molti dei presenti. Cinque pezzi per ognuno dei primi tre lavori, ma con accenni anche da pezzi di altri artisti come ad esempio il “People Have the Power” cantato durante “Black” o le cover di “Crazy Mary” e “Baba O’Riley” piazzate all’interno dell’encore.
Padova conferma il forte legame tra il gruppo e il pubblico italiano e, soprattutto, una cosa che molti sostengono da anni: se dobbiamo scovare una band che possa diventare l’erede di Bruce Springsteen e la E-Street Band, questi sono sicuramente i Pearl Jam, un gruppo che gode di un seguito fedele (tanti i fan provenienti dall’estero) e che riesce a proporre una setlist diversa ogni sera.
Nicola Lucchetta – foto a cura di Martina Barbon
Pearl Jam, le foto del concerto di Padova
Pearl Jam, la setlist di Padova
Pendulum
Low Light
Last Exit
Do the Evolution
Animal
Padova – Corduroy
Given to Fly
Gods’ Dice
Not for You
Even Flow
Daughter
Red Mosquito
Mind Your Manners
Down
Spin the Black Circle
Porch
Elderly Woman Behind the Counter in a Small Town
Inside Job
Once
Better Man
Black
Crazy Mary (Victoria Williams)
Rearviewmirror
Smile
Alive
Baba O’Riley (Who)
Indifference