Salve, popolo dei concerti rock. Per noi il live è un insieme di gesti ripetuti, dei cerimoniali che trasformano gli eventi in una comfort zone che arrivati al decimo, al centesimo, comincia a sapere di routine. Triste dirlo, ma è così. Perciò arriviamo sul posto, il nostro palco lo mettiamo di fronte a noi, o sulla sinistra, o sulla destra, ci posizioniamo sempre allo stesso modo senza nemmeno rendercene conto. E la danza inizia, cambiando gli elementi ma mantenendo sempre lo stesso rituale invariato. Roadie, cambio palco, arriva la batteria, boato, la chitarra del musicista famoso, boato, il microfono della star di turno, boato. La musica dagli altoparlanti che allieta l’attesa, a volte bene a volte quasi a sfiorare il fastidio, mentre l’ansia cresce. Il gruppo spalla, a volte più di uno, le luci che si spengono, il volume che si alza. Le canzoni da proporre di un album nuovo, i vecchi cavalli di battaglia, l’encore, il bis, i saluti, tutti a casa. Chi soddisfatto, chi con l’amaro in bocca.
Ora scordatevi tutto questo, perché ieri al Teatro Arcimboldi di Milano è sbarcato lo spettacolo dei Puscifer e il popolo dei concerti è rimasto spiazzato, per usare un eufemismo, dal baraccone messo in piedi da Maynard e soci.
Il palco è allestito con una scenografia grottesca, che lascia subito presagire ad una rappresentazione sia visiva che musicale. Un ring si staglia in mezzo alla superficie di legno del palco del teatro, e lo spettacolo inizia con un incontro di Wrestling. Avete capito, sì, due enormi lottatori e due donne, tutti mascherati, iniziano una pantomima durante la quale se le danno di santa ragione, alternandosi, saltando sulle corde, atterrando l’uno sull’altro, urlando e sudando. Quasi si riesce a capire il perché certe civiltà (come quella attuale americana) considerino appagante, liberatorio lo sfoggio della violenza, del sudore, dello scontro di pelle contro pelle, della tensione di nervi e muscoli.
Il pubblico apprezza la pantomima priva di realismo, una rappresentazione barbara della società all’interno di un riquadro immaginario. La lotta è alternata a momenti di ballo spasmodico e senza freni, pare di essere dentro una discoteca, durante i quali gli stessi lottatori si fermano e brindano ad una realtà non meno assurda della rappresentazione della quale sono protagonisti. I lottatori, ai quali si aggiunge un terzo elemento vestito tutto di nero e incredibilmente funambolico nelle sue esibizioni atletiche, non usciranno mai di scena, ma riempiranno l’esibizione musicale con apporti visivi e fisici.
Finito questo breve, primordiale intro, entrano in scena tutti i sei elementi dei Puscifer. Eccolo, il re Mida della musica, il genio Maynard James Keenan, vestito in doppio petto, con una cresta che allunga in centimetraggio il suo non generoso punteggio, una maschera di pelle a coprirne il volto. I Puscifer ti fanno sentire quello che vogliono, ti fanno vedere quello che vogliono. Tutti gli elementi dello spettacolo sono misurati alla perfezione. Nessuna foto o registrazione è ammessa. I Puscifer sono un’esperienza esclusiva, in tutti i sensi. Il loro rock è sperimentale come tutta la loro espressione artistica. Alla voce stupenda di Maynard si aggiunge la sua straordinaria fisicità, si muove e danza in maniera quasi rettiliana, sfuggevole, quasi sempre una sagoma in ombra. Il gruppo suona in maniera maestosa, la tecnica è sopraffina e i momenti di atmosfera esplodono in estasi musicali e visive di incredibile potenza.
Lo spettacolo è diviso in quattro atti, cadenzati da assurde animazioni negli schermi dietro alla band che si susseguono senza sosta. I musicisti non abbandonano mai la scena, nemmeno prima del bis. I pezzi che più hanno impressionato sono la stupenda “Agostina”, che ricorda molto gli A Perfect Circle, l’acida e potente “Toma”, il singolo omonimo dell’ultimo lavoro in studio “Money Shot”. Tra un incontro tra galli (finti) e qualche altra scazzottata, il concerto si chiude lasciando il pubblico cosciente del fatto di avere visto una cosa diversa dalla solita routine dei live, di unico.
L’impressione dei fan sia degli A Perfect Circle che soprattutto dei Tool è la medesima sia ascoltando i Puscifer live che su cd: Voglio più Maynard, datemene di più!! Rinnoviamo il nostro desiderio di ascoltare un nuovo album dei Tool finché siamo in vita, nel frattempo, lunga vita, artistica e non, a Maynard, James, Keenan.