Red Hot Chili Peppers Heineken Jammin Festival 5 luglio 2012

Il concerto dei Red Hot Chili Peppers del 5 luglio 2012 ha chiuso la prima giornata dell’Heineken Jammin’ Festival 2012 all’Arena Concerti di Rho (Milano). La missione di scaldare il pubblico, come per ciascuno dei tre giorni, viene affidata a due delle sei band vincitrici dell’Heineken Jammin Festival. Oggi è la volta di Destrage e No More Speech. Nonostante il clima africano, entrambi i gruppi hanno una gran carica e svolgono bene il loro compito. Alle 17.15 è la volta degli Enter Shikari, gruppo alternative metal inglese che dal vivo dimostra il suo gran perché. Il loro sound è caratterizzato da un interessante mix tra metal e trance, che nella dimensione live acquisisce ancora più fascino e mordente. I britannici non sono conosciutissimi nel nostro paese ma la reazione del pubblico è tutt’altro che tiepida, anzi si fa trascinare a tutto tondo dalla formazione londinese. Fra i vari pezzi spicca su tutti “Destabilise”, che è la sintesi perfetta della loro ben definita identità musicale. Performance di tutto rispetto, grazie alla quale siamo sicuri che gli Enter Shikari guadagneranno nuovo seguito. Preceduto da un dj set dance, alle 18.45 fa la sua discesa sul palco Pitbull, il fenomeno dance del momento. Inutile dire che l’Arena si trasforma in una mega discoteca. Dopo aver ringraziato il pubblico italiano e i fans che erano lì per i Red Hot Chili Peppers, il cantante rapper cubano/americano ha eseguito i suoi più grandi successi, da “Rain Over Me” a “International Love” passando per “Tonight” ed altri ancora. Armando Christian Perez, questo il suo nome all’anagrafe, è un istrione e conosce esattamente il modo migliore per far ballare anche un pezzo di legno. Peccato che il concerto sia durato mezz’ora esatta. Breve e intenso, certo, ma qualche minuto in più non avrebbe assolutamente guastato.

Noel Gallagher e i suoi High Flying Birds sono senz’ombra di dubbio i supporter più importanti nella bill odierna. Alle 19.50 l’inizio del set, che durerà per un’ora piena. L’ex Oasis sembra aver trovato una nuova luce in questo progetto, nel quale viene confermato il suo talento di autore, peraltro già palese nel suo vecchio gruppo, e anche esaltata la parte vocale (molto più interessante di quella di Liam, secondo chi scrive). La platea risponde abbastanza positivamente all’esibizione, dimostrando che i Noel Gallagher’s High Flying Birds sono una realtà più che confermata, nonostante la loro giovane età come gruppo. Eppure non manca chi, cercando di fare lo sgargiantone, grida “portaci tuo fratello”. Inevitabilmente, i brani più acclamati sono i singoli “AKA…What a Life”, “The Death of You And Me” e la dolcissima “If I Had a Gun”. La voce di Gallagher non ha un attimo di cedimento, l’affinità con i musicisti è palpabile, con risultato di un amalgama vincente e convincente. Però c’è una pecca grande come una casa: tanta è la tecnica quanta è la freddezza. Non si accappona la pelle, non si viene travolti dall’emozione e per quanto riguarda l’adrenalina…non pervenuta! Si assiste ad un compitino perfetto e confezionato ma niente che rimarrà nella storia. La setlist è piuttosto democratica, coi singoli sopra citati contenuti nell’omonimo debutto della formazione, ed altri tratti dall’album solista di Noel, quali “(It’s Good) To Be Free” e “Half The Way”. Solo a fine concerto il glaciale frontman sembra umanizzarsi, lasciando “Little by little” e “Don’t Look Back In Anger” come degno colpo di coda di uno show, fino a quel punto, senz’anima.

Noel Gallagher’s High Flying Birds setlist: (It’s Good) To Be Free – Mucky Fingers – Everybody’s on the Run – Dream On – If I Had A Gun – The Death Of You And Me – Record Machine – What A Life – Talk Tonight – Broken Arrow – Half The World Away – Stranded On The Wrong Beach – Whatever – Little by Little – Don’t Look Back in Anger

Foto: Francesco Prandoni / OnStageWeb – Cover Story Rodolfo Sassano (RHCP 2011)

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Alle 21:45 arriva il momento tanto atteso sia dal parterre che dal resto dei presenti: finalmente le luci del palco si spengono ed entrano gli headliner della serata, i Red Hot Chili Peppers. “Monarchy Of Roses”, tratta dall’ultimo album “I’m With You”, apre l’esibizione dei californiani tutto pepe. Nonostante non siano proprio dei ragazzini, hanno sempre la vitalità e l’energia di ventenni. Kiedis e Flea entrano sul palco a torso nudo, quest’ultimo è il primo a rivolgersi al pubblico ringraziando e dicendo “il mio cuore è con voi”. A quanto pare è un amore corrisposto, dato che gli statunitensi mettono d’accordo chiunque. La voce di Kiedis sembra reggere, Flea è il solito istrione al quale siamo abituati, Chad Smith pesta sulle pelli come un forsennato e, grazie ad un assolo alla fine di “Scar Tissue”, dimostra che per lui gli anni sembrano non passare. Ad onor del vero la menzione d’onore la merita il nuovo chitarrista Josh Klinghoffer, chiamato a sostituire John Frusciante. Non solo non lo fa rimpiangere ma l’effetto macchietta è scongiurato, trovandoci di fronte ad un musicista che ha assimilato le canzoni del suo nuovo gruppo senza stravolgerle. C’è un grande intoppo che rovina l’esibizione: per diversi minuti, il pubblico sulla parte sinistra non ha sentito praticamente nulla a causa di un guasto all’impianto. Inconveniente rientrato in fretta, mentre i fan gridavano “AU – DIO, AU – DIO!” (come dar loro torto?). La scaletta vede una successione di hit degli americani, da “Snow” a “Californication” e “By The Way”. Immancabile “Under The Bridge”, dinanzi alla quale è impossibile rimanere indifferenti. I Red Hot Chili Peppers non sono la band tecnicamente precisa per antonomasia, ma hanno una cosa che tanti altri non hanno: il cuore. Cuore che, in un’ora e mezza di performance, non hanno mai smesso di far vedere.

Red Hot Chili Peppers setlist: Monarchy Of Roses – Can’t Stop – Snow (Hey oh) – Look Around – Scar Tissue – Dani California – I Like Dirt – The Adventures Of Rain Dance Maggie – Power Of Equality – Under The Bridge – Ethiopia – Californication – By The Way – Encore: Fire – Meet Me At The Corner – Give It Away

Claudia Falzone

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