Non sono esattamente il fan numero uno dell’ex Take That. Non sono affatto avvezzo alle sonorità pop. Odio i concerti tenuti in Italia in luoghi “grossi”. Che cavolo ci sei andato a fare, direte voi?
Doveri coniugali, potrei rispondere, in realtà la scelta giusta per una risposta sarebbe ‘curiosità’ e ‘bisogno di conferme’. Volevo vedere all’opera su uno stage di un certo tipo, in una location pazzesca, di fronte a 70mila invasati, come se la cavava colui che personalmente considero il re del Pop degli anni 2000 (il vero King Of Pop è un altro ma lasciamo perdere, ndr).
Non che sia difficile emergere nel mare di letame che inonda il becero e riprovevole pop da VJs e da copertina. Oltrepassare la cloaca che separa la “buona musica Pop” dal resto è certamente facile agli occhi del popolo abituato alle cose preconfezionate e pronte per l’uso che puntualmente i media ci propinano quale new sensation del momento. Risulta più complicato invece non tanto a quelli che s’atteggiano a guru sfigati della musica (come potrebbe essere chi scrive fino a questo momento), ma a quelli che la musica l’ascoltano sul serio prima di tutto, a quelli che vanno a vedere Robbie Williams non perché “E’ Robbie Williams e la tele me lo passa e mi scarico la suoneria sul cellu e me lo sento al locale e mi sballa“, ma perché “mi piacciono i pezzi di Robbie Williams“. Quello che ha capito che la carriera da “membro di una boy band che incide canzoni ridicole per far gridare le bambine due anni quando poi son passati quelli sei fottuto” (fate una ricerchina e ditemi davvero se quei fenomeni da baraccone noti come boy-band durano anche più di un anno prima di sbraitarmi contro) non è proprio ciò che si meritava; quello che è diventato una stella del pop dei nostri anni, sapendo sì adattarsi allo stile del biz del momento, ma creando un tradermark unico, maturo e sicuro, capace di emozionare, colpire, esaltare al momento giusto.
Insomma le risposte che cercavo sono arrivate, tutte affermative sostanzialmente, al termine di due ore di concerto davvero gradevoli anche per chi non si sente al posto giusto a un pop gig. Intanto non è stato un semplice gig. Le fiammate, le piattaforme mobili, la scenografia esagerata, gli immancabili megaschermi e i fuochi d’artificio sono stati un contorno eccellente alla performance di RW. L’audio ha lasciato un po’ a desiderare ai piani alti, probabilmente sul prato la resa sarà stata migliore, c’è voluto un po’ di tempo per aggiustare il tiro anche per chi era sugli anelli. Diciamo che una dozzina di Marshall in più non avrebbero fatto male, l’ottima band che supporta il carismatico frontman meritava di esser sentita e apprezzata maggiormente. Una nota che oramai è diventata negativa (ancora una settimana fa era accettabile, ora è abbastanza snervante), è il continuo “po-poroppopopopooo” di festa che si alza dalle platee dei concerti; aggiungiamo il fatto che Robbie ha incitato a proseguire il ritornello dei White Stripes più volte, e avremo una rottura di scatole perpetua tra un pezzo e l’altro: può sembrare paradossale, ma ci saranno stati due cori due rivolti direttamente a Robbie nella serata e 143 “po-poroppopopopooo“-ppi.
In ogni modo Mr.Williams era rapito ed estasiato da ciò che aveva di fronte. Mi è capitato di assistere a veri momenti di commozione di artisti affermati, di fronte a folle in delirio per loro, tuttavia un’evidente, incontenibile e continua emozione come quella che ha travolto la popstar questa sera, non l’avevo mai vista. E’ anche questa una delle doti che apprezzo di più di Williams, la spontaneità. E’ miliardario, affermato e tutto quello che volete, ma è verissimo on stage: è scazzato, felice, triste, sbronzo, emozionato…ma non è mai lo stesso, non ha un copione standard di pose o di smorfie che recita e questa sera ne abbiamo avuto la riprova. Avrà ceduto alle lacrime in almeno tre occasioni: una di queste, durante “Angels”, lo ha costretto a far continuare al pubblico la strofa del pezzo, lui non riusciva a farlo. Due ore dense di emozioni per tutti quindi, sporcate da un’oscena preview del pezzo che apparirà sul prossimo album dell’artista inglese previsto per l’autunno.
Giravano voci in merito, si parlava di disco della “svolta dance”. E’ vero che oramai quest’uomo può permettersi di tutto visto il livello di fama e professionalità raggiunto, ma ho dei tremendi dubbi sul futuro platter. Specialmente dopo l’agghiacciante new song proposta stasera. Strofe veloci, base minimale ma confusionaria, coriste ammiccanti e un’assurda citazione alla Adidas che lo sponsorizza da un pezzo. Una delle cose più abominevoli mai sentite, diventerà una hit di sicuro, ma un conto è “Strong” un altro una roba simile. Spero di essere smentito, anche se, in fondo in fondo, la cosa non mi cambierà più di tanto la vita quanto potrebbe farlo una svolta trendy degli Iron Maiden. In conclusione un concertone totale, uno di quegli eventi a cui essere presenti è un piacere (un dovere per chi è fan o appassionato di musica Pop, con la P maiuscola per il discorso di prima) benché l’organizzazione e la gestione dell’approssimativo popolino italiano siano dettagli fastidiosi e, purtroppo, non trascurabili. Ma stasera andava bene lo stesso, bravo Robbie Williams, respect!
Setlist: Radio, Rock Dj, Tripping, Monsoon, Sin Sin Sin, Millennium, Make Me Pure, Me And Me Shadow, Strong, Back For Good, Advertising Space, Come Undone, Feel, Kids, Let Me Entertain You, New Song, Angels.