Simple Plan, il report del concerto a Bologna dell’1 marzo 2016

simple-plan-report-concerto-bologna-1-marzo-2016Primo marzo, concerto dei Simple Plan all’Estragon di Bologna. No, ci vuole un passo indietro. Per capire come mi sono approcciato ai Simple Plan dal vivo, serve una premessa: la loro discografia per me è stata composta, negli anni, di un file mp3 riprodotto entusiasticamente dagli altoparlanti del mio primo cellulare capace di tale prodigio, di un “best of” masterizzato con brani scaricati da eMule (#thuglife) e nelle ultime settimane dallo streaming di “Take One For The Team” su Spotify. Live, non so cosa aspettarmi.

Mentre mangio un panino, sulle note di “Star Wars” salgono sul palco The Bottom Line, scanzonata band pop punk perfetta per l’apertura. I successivi Ghost Town sono invece più insipidi, non capisco che genere vogliano suonare ed inoltre il quarto membro della loro band è un computer. Io non sono razzista, ho un sacco di amici computer, ma questi iniziano a rubarci il lavoro.

E poi arrivano i Simple Plan. Ci metto un paio di brani per sentirmi partecipe, ma quando entro nello spirito ci rimango fino a fine concerto. La band è caldissima, musicalmente e verso il pubblico, molto reattivo di rimando. Il concerto decolla con “Jump”, tra i salti della platea che si era accucciata a inizio canzone, e nel pezzo viene introdotto un sing-along di “I Gotta Feeling” dei Black Eyed Peas. Alfa e omega della mia adolescenza in un brano. Uno dei momenti migliori ovviamente è “Welcome To My Life”, suonata a metà scaletta invece di essere conservata gelosamente per gli encore come mi sarei aspettato. Dal primo accordo mi perdo tra quelle parole cantate migliaia di volte, e mi dimentico tutto il resto, le giornate di merda, gli impegni, il deodorante aroma vomito del tizio accanto a me.

In alcuni brani, come “The Rest Of Us”, la band si allontana dal punk ed esplora il lato più pop della propria musica. Nell’ottica opposta troviamo invece un medley interessante tra le hit “Uptown Funk” e “I Can’t Feel My Face”. Di quando in quando il cantante Pierre Bouvier si rivolge al pubblico in italiano: con sommo apprezzamento del pubblico ha imparato moltissime frasi, tutte rigorosamente pronunciate nella migliore tradizione della Scuola di Lingue Fratelli Mario: It’s-a-me, Simple Plan!

Il sound della California, sempre fondamentale, emerge con prepotenza in “Summer Paradise”, brano “da spiaggia” festosamente suonato mentre grossi palloni gonfiabili bianchi e rossi rimbalzano sul pubblico. Prima di scendere dal palco, arriva una tripletta di tutto rispetto composta da “Nostalgic”, “Crazy”, e dalla splendida “I’m Just A Kid”, cantata a pieni polmoni un po’ da tutti quanti. Dopo una breve pausa la band torna sul palco per i bis: l’ultimissimo brano è “Perfect”, introdotto dal cantante che imbraccia un’acustica, prima di essere raggiunto dal resto della band per chiudere in bellezza.

Avevo una decina di pessime battute sull’adolescenza da parte, perché non si possono ascoltare i Simple Plan senza pensare all’adolescenza: i testi dei loro brani ci sono legati a doppio filo e il loro sound è ormai iconico in quel senso, ma ho deciso di lasciar perdere. Non ne valeva la pena.

E poi nessuno mi capisce.

Lascia un commento