Tanti tour nei palazzetti questo mese, sia nazionali che internazionali, ma quello di Slash con Myles Kennedy e i The Conspirators al Pala Alpitour il 16 novembre 2014 sono una boccata d’aria rock di cui l’Italia e soprattutto la città di Torino avevano bisogno. Sì, perché il capoluogo piemontese è ormai capitale dell’elettronica, con Movement, Club To Club, Futurfestival e tanti altri eventi che tra synth e beat hanno conquistato il monopolio, qui ai piedi delle montagne. Ma ogni anno per fortuna arriva l’evento cazzuto (talvolta anche due o tre, che lusso) in grado di dare un bel brofist a tutti quei poveri disperati che fanno i pendolari per andare a rifornirsi a Milano. Nel biennio scorso fu compito dei Black Keys, dei Red Hot Chili Peppers, dei Muse, ma chi può farlo meglio di questa formazione? Stesso macrocosmo, ma ben altro genere e altro dosaggio.
Qualcosa di un po’ più heavy, ma soprattutto un concerto sorretto da un disco che è una bomba. E infatti lo show è in perfetto equilibrio tra brani dei Guns N’ Roses, brani dei precedenti capitoli della carriera solista di Slash e pezzi estratti dal nuovo “World On Fire”, con un solo fuori script (si fa per dire) che è “Slither” dei Velvet Revolver.
Si comincia con una detonazione di raro effetto grazie al riff rude di “You’re a Lie”, e la risposta del pubblico è fulminea: è una serata da acido lattico. Dopo “Nightrain”, direttamente da “Appetite for Destruction” che fa incetta di magliette in platea, Slash inizia a brillare di luce propria, anche se c’è già un occhio di bue fisso su di lui. Tonico e carismatico come sempre, con la solita naturalezza alla chitarra che invidierebbe qualunque grande virtuoso dello strumento.
Myles Kennedy nel frattempo fa innamorare quei pochi stolti che ancora non lo osannano. Raramente il frontman degli Alter Bridge risulta essere sottotono, davvero raramente, e assolutamente non è questo il caso. Lo dicevamo già dell’album, bisogna ribadirlo anche dal vivo: c’è un motivo se Slash ha visto il cantante e chitarrista americano e ha pensato “questo me lo metto in tasca”. E il motivo è che Mr. Kennedy è un Dio tra gli insetti, nell’hard & heavy contemporaneo.
Poi il riccioluto con la tuba più famosa del rock è anche riuscito a portarsi a casa una band sensazionale, quei Conspirators che hanno suonato col coltello tra i denti, senza alcuna sbavatura ma soprattutto con grande enfasi.
Per quanto riguarda i brani eseguiti (leggi qui la scaletta completa) il momento di massimo godimento è la conferma in scaletta di “Shadow Life”, dopo la live premiere avvenuta nella data di Parigi, e di “Withered Delilah”, proposta per la prima volta dal vivo solo il giorno precedente a Basel, in Svizzera. La prima in particolare, oltre ad essere ragionavolmente il pezzo più riuscito del nuovo disco, si impone come uno dei migliori proposti. Grande scelta anche quella di far cantare due pezzi al talentuoso Todd Kerns, bassista che si improvvisa vocalist dall’ugola d’oro e spara un paio d’acuti da far vittime nelle prime file. Diciamo che per una “Battleground” o “Starlight” avremmo fatto follie, a costo di far rallentare il treno in corsa, ma in fondo di cosa ci si può lamentare?
Non c’è modo migliore di chiudere la serata se non con un brano dei Guns, in particolare quella “Paradise City” che fa tirare su i pugni anche alla security. E via, si chiude così a Torino uno dei papabili concerti per la top ten di fine anno. Per una volta sono bordate elettriche a Torino, e non elettroniche.
“Il rock è morto” un cazzo, Gene Simmons.
Fotografie a cura di Alessandro Bosio.