Un’edizione coi controfiocchi quella del Traffic di quest’anno. Il festival gratuito ha richiamato un sacco di persone nella città della Mole e Outune non poteva certo perdersi i concerti in programma. Seguite aggiornamenti e foto totali su queste pagine.
E’ iniziato mercoledì 9 luglio il Traffic 2008. Il tutto ha avuto inizio con l’apertura della rassegna “The Punk Experience” (Cinema King Kong Microplex), l’inaugurazione dell’esposizione di chitarre “Gibson Design” (Galleria Allegretti Contemporanea) e l’apertura della sezione “Traffic Art” con la mostra di Daniel Johnston (Fondazione Sandretto Re Rebaudengo), fino ad arrivare (ore 21.00) a “Traffic Soundtraxx” (OGR), quando i Massimo Volume hanno sonorizzato la proiezione del film “La caduta della casa Usher”.
Traffic Festival – Day 1 (10 luglio 2008)
Cala la sera e l’affluenza del pubblico è sempre più importante, tocca quindi ai belgi Soulwax salire sul palco e qui non ce n’è veramente per nessuno, il risultato è semplicemente travolgente, sprigionano un’energia contagiosa e non si può fare a meno di iniziare a muoversi a tempo con il beat. Tutti vestiti di bianco, un po’ stile Hives con il batterista sosia di Jack Black a pestare come un disperato. Divertentissimi.
Viene così il turno di Tricky che si presenta sul palco con una vocalist di rosso vestita e un nuovo album, uscito pochi giorni fa. Non è un concerto facile proprio per il genere, difficile da proporre in sede live, tra momenti dilatati e altri dall’attitudine decisamente rock. E questa difficoltà si intuisce dalla risposta del pubblico, ora più partecipe, ora più distaccato, per quanto Tricky usi tutto il mestiere che gli appartiene dopo anni di palchi.
Chiude la prima serata il dj set dei 2 Many Dj’s, ovvero i fratelli Dewaele dei Soulwax, ma in versione dj facendo diventare l’area del parco una grande sala da ballo all’aperto per la gioia di tutti gli amanti della musica dance.
I Platination sono i primi a salire sul palco mentre già si addensano nuvoloni scuri e poco promettenti, portando il suono dell’hard-core cittadino e di quel centro di gravità che è ancora El Paso per questa realtà. Un concerto molto energico rovinato purtroppo dal temporale che si è abbattutto sull’area dei concerti, tanto da mettere in dubbio la continuazione del festival.
Un plauso ai pompieri che con il loro intervento sono riusciti a drenare l’acqua dalla grande pozza che si è formata proprio a ridosso delle transenne, scongiurando anche un rischio di corto circuito. Torino ha avuto così per qualche ora la sua piccola Woodstock con il parco della Pellerina ridotto a palude e i soliti che ne hanno approfittato per sciacquarsi nella piccola piscina naturale.
Si inseguivano voci discordanti, ma alla fine i Punkreas riescono a salire sul palco e a regalare al pubblico un set che, seppur ridotto ad una manciata di brani, ha fatto divertire e pogare il pubblico sui brani più famosi del gruppo, come “Voglio armarmi”, “Aca toro” e “Canapa”. Una garanzia.
E’ il turno poi dei Wire, storica formazione punk britannica, che nel corso della sua vita ha saputo evolvere il proprio sound in territori alternative rock. Buoni i suoni e le esecuzioni, han dato però l’idea di aver fatto il compitino senza grosso entusiasmo e coinvolgimento, un po’ di energia in più non avrebbe guastato per tenere caldo il pubblico in vista del main act.
E poi arrivano loro, i redivivi Sex Pistols. Un po’ imbolsiti e appesantiti, ma eccoli di nuovo sul palco in formazione originale, con Matlock al basso e la sua immutata faccia da bravo ragazzo. L’anfitrione è lui e solo lui, Johnny Rotten, la voce è quella che è, regge qualche pezzo, ma sugli acuti avrà grosse difficoltà sul finire del concerto. Se la prende con chi gli tira bottiglie e carta igienica, se la prende con i tecnici luci, se la prende con il volume della spia, atteggiamento un po’ da rockstar, ma regala le solite facce ed espressioni inimitabili. Musicalmente si sono comportati abbastanza bene, a parte Paul Cook alla batteria, un po’ “seduto” come si dice in gergo, altalenante nel tenere il tempo e dare il giusto tiro ai brani.
Finale con i botti per il Traffic Festival, nella giornata sulla carta forse più tranquilla e sottovalutata, ma che ha offerto esibizioni di altissimo livello in un crescendo di emozioni che ha avuto il suo apice durante l’esibizione di Patti Smith.
Ma andiamo con ordine, la giornata incomincia con il giovane Christian Coccia al quale tocca il compito di scaldare il primo pubblico accorso con il suo rock grintoso e di sicuro impatto. Buona la performance sua e del gruppo che lo accompagna, da risentire sicuramente in futuro.
Anche in questa giornata il tempo è stato poco clemente, ma le nubi gonfie di pioggia hanno un po’ aiutato l’esibizione dei ritrovati Massimo Volume, contribuendo a creare l’atmosfera giusta per accompagnare i brani. Un’esibizione molto coinvolgente che conferma quanto siano ancora un gruppo che potrebbe dare molto, con quello stile unico che li caratterizza. La scaletta pesca dalla discografia del gruppo, tra i pezzi eseguiti citiamo “La città morta”, graffiante, da brividi, e la dolorosa “Dopo che”. Al termine di un set così intenso rimane solo da sperare che siano tornati per restare.
La pioggia inizia a scendere copiosa, ma non scoraggia certo i presenti, che, muniti di ombrello, sono rimasti pazientemente ad aspettare il grande nome della giornata, Patti Smith. Non si risparmia, canta, suona la chitarra e il clarinetto, dispensa utili consigli per evitare il raffreddore il giorno dopo come una mamma premurosa, ma soprattutto regala quei brani tanto attesi ed acclamati, “Because the Night”, “People have the power” e gran chiusura affidata all’energica “Rock ‘n roll nigger”. Chepeau.
E siamo così al gran finale con gli Afterhours di Manuel Agnelli, in ottima forma per l’occasione, forse galvanizzato dagli artisti che ha chiamato a sé per questa giornata. E’ un Manuel diverso dal solito, interagisce e scherza, fa cantare il pubblico su “Male di miele” e “Bye bye Bombay”, omaggia i Massimo Volume, duetta con Patti Smith su “Dancing Barefoot” tributando tutti gli onori all’artista statunitense, chiedendosi, con una battuta, come sia possibile andare avanti. Un’esibizione di alto livello con una grande risposta da parte del pubblico presente, grazie anche ad una scaletta varia, per abbracciare un po’ tutta la produzione marchiata Afterhours, da “Tutti gli uomini del presidente” a “Sui giovani d’oggi ci scatarro su” fino a “1.9.9.6.”, un po’ per tutti i gusti.
Arrivederci, speriamo, al prossimo anno!