Il primo impatto dal vivo con una band come gli Swans è sempre chiarificatore. Non puoi essere indeciso, da un loro concerto – soprattutto se è il primo – esci con una manciata di certezze. Una venue come l’Hiroshima Mon Amour di Torino, dove il 9 ottobre 2014 è andato il scena il primo appuntamento del mini tour italiano della band statunitense, è oltretutto perfetta per contenere l’imponente performance fatta di riverberi, distorsioni e suoni abrasivi che Michael Gira e compagni confezionano con cura.
La sicurezza del frontman, che sul palco assume gli strani contorni di una figura imperturbabile, è talmente salda da convincere fin dalle prime battute che nulla può andare storto sotto la sua guida. E di fatto è così che recita il copione: la band è in grande forma, l’interazione tra i sei componenti è perfettamente scandita da continui sguardi da antologia drammaturgica, mentre gli altissimi volumi tendono ogni singola fibra dei corpi in platea. Phil Puleo è il primo a salire sul palco, risoluto e noncurante di tutto ciò che non è la sua batteria, seguito dopo pochi istanti da Christoph Hahn, che prende posto davanti alla sua lap steel guitar. Nascosta dietro al suo armamentario si intravede l’affaccendata sagoma di Thor Harris, il prezioso e barbuto polistrumentista che tra percussioni e strumenti a fiato si destreggia per creare vie d’uscita dal martellante canglore e dal muro sonoro eretto dal resto della formazione.
Mentre i primi accordi di Harris si intrecciano con i ritmi regolari delle pelli e dei piatti di Puleo, giunge anche la seconda metà della band e l’illusione (o il timore) di un concerto ordinario svanisce dopo pochi minuti. La setlist è un continuo crescendo in cui Micheal Gira riesce a passare dal dare quasi le spalle al pubblico – suonando in una marmorea compostezza – al danzare. Il carisma del rocker è ancora al vertice e lo dimostra con le sue ipnotiche movenze, dapprima imitando il dispiegarsi d’ali di un cigno ed in seguito sfogando ogni pulsione con movimenti imprevedibili. Mentre il basso di Chris Pravdica guida le cavalcate noise tratte dagli ultimi due album, “To Be Kind” e “The Sheer”, Christoph Han lascia da parte i suoi pattern rassicuranti delle prime battute del live e mostra finalmente tutta la sua esuberanza, accompagnando le appassionate liriche di Gira con i suoni più laceranti dell’intera serata. Quelli che faranno fischiare le orecchie anche il giorno dopo, per intenderci. A conti fatti è proprio il bassista della band a colpire più di tutti, continuamente al centro dell’attenzione, oscurato solo dal frontman – in ovvi momenti – e dall’atipico assolo di batteria con il Phil Puleo tiene in scacco il club torinese per un paio di minuti.
La chitarra di Norman Westberg, infine, è lo strumento che emerge meno di tutti, ma riesce nel difficile compito di fare da collante ad ogni struttura orchestrata da leader degli Swans. Insomma, tutti i pezzi sono al loro posto e funzionano alla grande.
Nessuna sbavatura, nessuna parola di troppo, solo noise rock, sperimentazioni rese dal vivo con immensa maestria e le spigolose espressioni di sei musicisti intenti a creare un’alchimia che è difficile riscontrare al giorno d’oggi su un palco. Sono queste le certezze di cui si parlava. A cui si unisce la conferma che gli Swans, come i cigni di cui prendono il nome, sono ancora una creatura maestosa e dal cattivo temperamento.
Foto a cura di Andrea Marchetti.