Sziget Festival 2016, si chiude il festival dei record

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L’ultimo giorno di Sziget si presenta con premesse musicali non da poco, ma ricorda molto l’ultimo giorno dell’edizione 2015.

I veterani ricorderanno la polvere assassina del concerto dei Kings Of Leon e la pioggia finale, e quest’anno Kings Of Leon a parte è cambiato poco: la mattina dalle tende si alza un concerto di colpi di tosse, e non manco di unirmi al coro.

Con la pancia piena di tacos mi svacco allo Europe Stage dove si esibisce Salmo, acclamato da una folla di connazionali e non. Il rapper dà il massimo e la band pure: il recente album “Hellvisback” è protagonista assoluto della performance, e nonostante annunci di avere la febbre il cantante non molla fino a “La festa è finita”, che sancisce la fine del concerto.

Sul Main Stage intanto hanno iniziato a suonare i Parkway Drive, che nonostante l’approccio musicalmente aggressivo e le fiammate sprigionate a bordo palco si preoccupano che durante il pogo tutti stiamo bene. Adorabili.

Seguono sonorità ben differenti, quelli dei LumineersFreschi dell’uscita di “Cleopatrasono da poco passati in Italia, e ci torneranno a novembre. Che si tratti di un borgo di provincia o di un grande festival, i Lumineers riescono sempre a creare un’atmosfera speciale con la propria audience.

Acclamati per la propria musica (ma non solo: indimenticabile la ragazza che parlando di Turner ha detto “Se riesco a dargliela poi posso pure lasciargliela”), sono The Last Shadow Puppets. Il gruppo inglese è una delle ultime band a esibirsi: lo show finale è affidato al DJ olandese Hardwell, che dirige gli ultimi festeggiamenti mentre nel cielo sopra l’isola di Óbudai esplodono i fuochi d’artificio.

Com’è andata questa edizione?

Bene. Molto bene. È difficile dare una risposta diversa, quando si parla di un’opera delle dimensioni di questo festival. Meteo traballante a parte (ma non ci sentiamo di incolpare l’organizzazione, o il governo ladro) l’offerta proposta è sempre dei massimi livelli. Certo, è curioso (o forse non lo è affatto?) che le maggiori perplessità artistiche sorte siano legate agli artisti di maggior richiamo: Rihanna, Sia e David GuettaSfoglio mentalmente le tante possibili riflessioni possibili: il degrado della musica commerciale? La forma sopra la sostanza? Il tag più importante del concerto in sé? Sì, si sfiorano livelli di populismo inauditi. Sì, però forse qualche verità c’è.

Headliner a parte, il festival dà sempre un’impressione di vastità non indifferente.

La festa dura praticamente 24 ore su 24, c’è una leggera pausa solo intorno alle sei di mattina (lo so per certo: è l’unica ora in cui si dorme bene). Ci sono DJ tutta la notte, e concerti su più palchi tutto il giorno. Ci sono spettacoli, esibizioni di ogni genere, workshop artistici e luoghi di dialogo. Se non ci fosse la musica, si tratterebbe lo stesso di un eccezionale luogo di soggiorno. Se non ci fosse tutto il resto, ci si andrebbe lo stesso per l’ottima musica.

È tutto grande, e c’è così tanto da fare che non è umanamente possibile fare tutto. Ma alla fine è giusto così: non bisogna andare con una lista da spuntare, ma con la voglia di stare bene. Filosofia hippie da due soldi a parte, l’atmosfera che si respira è davvero positiva e colorata quanto gli alberi con i vestiti ricamati addosso, o i draghi costruiti di materiali riciclati… E per una settimana l’anno non fa male abbandonarsi a questo clima.

Foto a cura di Rockstar Photographers.

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