Taylor Swift, il report del concerto a Londra del 23 giugno 2018

Ieri sera al Wembley Stadium si è esibita Taylor Swift e, detto in poche parole, è stato un evento memorabile con almeno un episodio che rimarrà stampato nella memoria delle decine di migliaia di persone accorse in uno dei più prestigiosi teatri del calcio europeo prestato, non poche volte, ad eventi live.

Ma partiamo dall’inizio, quindi dalle esibizioni di Charli XCX e Camila Cabello che la stanno accompagnando per tutto il Reputation Stadium Tour. La britannica gioca in casa e si presenta sul palco con un batterista e altri due musicisti e, sin dalle prime battute, dimostra di saper tenere il palco. A suo vantaggio anche una setlist infarcita di hit pop della seconda metà di questo decennio, come l’iniziale Boom Clap, I Love It (che lei stessa scrisse per le Icona Pop), Break The Rules e l’inedito 5 In The Morning, pubblicato poche settimane fa. Una grande portatrice d’acqua, che magari non sfonderà negli anni ma che, al contrario di Camila Cabello, poggia su basi solide.

Per la statunitense di origini cubane uno show che invece la riposiziona verso il basso, al punto di farla diventare un’artista con molta apparenza e poca sostanza. Il talento c’è, è innegabile ed emerge più volte nel corso del concerto, ma del suo concerto ci si ricorderà più del corpetto strettissimo e dei balli sensuali, come nella conclusiva Havana, che del fatto che riesce a districarsi anche alle tastiere su Consequences. O, peggio ancora, dell’accenno di Kiss di Prince su Into It.

Con Taylor Swift infine si gioca letteralmente un altro campionato e il Reputation Stadium Tour la consacra come regina del pop mondiale, in un percorso iniziato con i precedenti Red e 1989. Il palco è epico, con due passerelle che formano una X e due maxischermi laterali che nel corso della serata amplieranno il palco, svelando la backing band presente sul retro.

Lei è magnetica, carismatica e comincia a giocare di sguardi con la telecamera già dall’iniziale Are You Ready For It, che inizia con lei da sola sul palco. Una produzione enorme, che già al secondo pezzo sfodera fuochi d’artificio e fiamme in I Did Something Bad, costruita con il lavoro di più di 200 persone del team di produzione che, come band e corpo di ballo, verranno più volte ringraziati durante la serata. Uno sforzo enorme ma non esente da difetti in ambito audio, con cori in alcuni momenti più pompati della voce della Swift (un modo per farle prendere fiato?) e una certa confusione nei pezzi dove elettronica e strumenti live si fondono.

Il suo tredicesimo show, suddiviso in atti come molte colleghe fanno, è stato descritto sin dalle prime battute come il più pazzo e divertente dell’intero tour. Nel corso della serata infatti la vedremo volare sul pubblico con una pedana a forma di serpente, ospitare coreografie elaborate su Dress e un cobra gonfiabile su Look What You Make Me Do; il tutto con la collaborazione dei fan, che durante il concerto hanno indossato un braccialetto gratuito sincronizzato con le luci dello show.

La scaletta segue pari pari quella delle altre date del tour, compresa quella Shake It Off cantata insieme a Charli XCX e Camila Cabello, con due sorprese non da poco. La prima arriva a metà concerto nel set acustico, dove propone Fifteen, estratta da Fearless e al debutto in questo tour, con il siparietto di due neosposi che dal pubblico mostrano un cartello “JUST MARRIED”. La seconda è quell’evento memorabile citato all’inizio e ha visto Taylor condividere il palco con Robbie Williams per un’indimenticabile cover di Angels, hit del cantante britannico.

We Are Never Ever Getting Back Together e This Is Why We Can’t Have Nice Things chiudono, con i fuochi d’artificio di rito, la seconda e ultima data a Londra di Taylor Swift. Uno degli eventi pop più clamorosi degli ultimi anni che posiziona la statunitense tra le star più importanti del panorama internazionale. Prossima ai trent’anni, Taylor Swift ha già un curriculum da far paura e non deve più dimostrare nulla: se non è la regina della musica internazionale, in tutta sincerità, poc(hissim)o ci manca.

Nicola Lucchetta