Ennesime personalità di altissimo profilo al Circolo degli Artisti di Roma: ospiti questa volta Teho Teardo & Blixa Bargeld, accompagnati dalla violoncellista Martina Bertoni. Difficile riassumere la carriera di questi protagonisti della musica internazionale: Teho è attualmente uno dei più ricercati compositori di colonne sonore e musiche per film (ha lavorato con Salvatores, Sorrentino e Vicari tra gli altri e ha ottenuto un riconoscimento di pubblica stima dal maestro Ennio Morricone), ha già collaborato con Placebo, Lydia Lunch e Girls Against Boys e in passato ha militato in band di culto come Matera e Here. Blixa Bargeld, per chi non lo conoscesse (ahi voi!), è semplicemente il fondatore degli Einsturzende Neubauten e braccio destro di Nick Cave nei suoi Bad Seeds. C’è altro da aggiungere?
Con queste premesse capirete che non si può che assistere ad uno spettacolo di spessore raro: mentre la folla riempie lentamente la sala del Circolo (il concerto ha inizio con più di un’ora di ritardo rispetto al previsto) mi viene in mente la copertina del lavoro che ha anticipato il tour, Still Smiling, e le dita dei due maestri che sono vicinissime ma non si toccano: quando finalmente il concerto ha inizio lentamente quell’immagine inizia a trovare una focalizzazione ben precisa: Blixa è come lo immaginavo: magnetico, ieratico, fortemente espressivo grazie alla sua voce profonda e all’asprezza della lingua tedesca (a differenza di quando utilizza l’italiano, che sembra trasformarlo in un’altra persona!); Teho è un vero e proprio deus ex machina: detta i tempi attraverso la sua chitarra-basso (il suono ha l’attacco della chitarra e la profondità del basso), coordina e stratifica gli elementi sonori dalla sua consolle (l’abilità è suprema, aggirando brillantemente anche i problemi tecnici) e gestisce la sua orchestra virtuale come solo lui sa fare (aiutato sapientemente dalla Bertoni, mai scontata o freddamente accademica nel modo di approcciarsi allo strumento). Da sotto il palco sembra di vedere la loro aura brillare fulgida e scambiarsi informazioni telepaticamente, senza che ci sia bisogno di un esplicito linguaggio.
La scaletta segue quasi alla lettera quella del disco: gli archi, in commistione con un’elettronica subdola e frammentata, avvolgono lentamente la sala grazie ad una stereofonia sapientemente avvolgente: in particolare le tonalità acute dei violini acuiscono, a livello timbrico, l’espressività nobile e decadente di Blixa: il solenne esordio con Nur Zur Erinnerung, i gorgheggi luppati della dolente Axolotl, l’inquieta Buntmetalldiebe trasportano gli ascoltatori in un Novecento di sofferenza e desolazione, tanto simile alla Berlino di Christopher Isherwood; qui e là brani come l’ironica Mi scusi, What If…? e Come up and see me smorzano lievemente i toni drammatici, venati di un lirismo intenso e una delicata intimità.
Volgendo al termine Blixa appare più rilassato e si abbandona alla descrizione di come siano nati alcuni brani come Come up and see me, scritta mentre osservava dal suo hotel il mercato Esquilino di Roma e la sua foresta di antenne; oppure del titolo improvvisato di A thousand eels (tra gli altri c’era curiosamente un Carpaccio di spigola poi convenientemente risistemato); e per finire le intensissime A Quiet Life (brano che ha sancito l’inizio della collaborazione fra i due) e Defenestrazioni, vissute in religioso silenzio e suonate in punta di piedi. La rarissima intensità di questo spettacolo scarno e sospeso ha riempito il petto dei presenti di emozioni finissime ed eteriche. La statura artistica di Teho e Blixa non cercava conferme o riconoscimenti: andava (e va, per chi è ancora in tempo) semplicemente vissuta.
Cristian Ciccone
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