The Tallest Man On Earth – Torino, 12 febbraio 2016

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The Tallest Man On Earth, pseudonimo di Kristian Matsson, poliedrico cantautore svedese, approda il 12 febbraio 2016 sul palco dell’Hiroshima Mon Amour di Torino per la prima data del tour italiano che lo porterà in seguito Roma, già sold out, e a Bologna.
Quando si conosce un artista esclusivamente attraverso la sua dimensione musicale è inevitabile crearne un’immagine mentale precisa: le sonorità folk, gli accordi di chitarra, la voce nasale riverberata di Kristian Matsson ti fanno pensare a un ragazzino un po’ timido e introverso, avvolto nei suoi vestiti scuri e seduto su uno sgabello a suonare la sua chitarra acustica. L’uomo che invece si presenta sul palco dell’Hiroshima Mon Amour, accompagnato da una corposa band, ha tutto un altro aspetto e un’altra attitudine: lo svedese biondo calca la scena senza alcun timore e interpreta ogni pezzo come un attore.
Ha quell’aggressività (e anche un po’ quell’arroganza) di chi sa di poter stregare il pubblico con uno sguardo e far svenire una dozzina di persone mostrando un bicipite.
La sensazione che si ha vedendo Matsson e band sul palco è questa: prendete i Maroon 5 e mescolateli con i Mumford and Sons (con meno banjo) e ottenete The Tallest Man On Earth. La presenza scenica dell’”uomo più alto del mondo” oscura quasi totalmente gli altri membri della band, già infelicemente disposti ad anfiteatro attorno al suo ingombrante ego.

È l’energia con cui si apre il live a rinnovare lo stupore del pubblico, ammaliato da un Matsson euforico capace di trasformare anche le ballad meno ritmate in un momento trascinante grazie alla sua capacità di modulare la propria voce e le proprie espressioni come i migliori attori di Hollywood.
Quante chitarre avrà cambiato? Dieci? Una per pezzo? Il pubblico ha perso il conto, come ha perso il conto dei plettri lanciati al vento. Le dita si muovono velocissime per eseguire gli accordi più acrobatici dei pezzi storici dell’uomo più alto del mondo, che dimostra di caversela tanto con le chitarre quanto con la tastiera, confermando la sua bravura di polistrumentista.

Grande spazio è dedicato ai solo: “Love is All”, “The Gardener”, “Leading Me Now”, vengono eseguite in acustico lasciando spazio ad una voce che non sbaglia una nota e a un’esecuzione impressionante.
Quasi sembra non esserci posto per le arie malinconiche di cui sono impregnati i dischi di The Tallest Man: si viaggia sul palco con i violini di “Sagres”, canzone dedicata al Portogallo ma con un retrogusto di Irlanda, si continua con “King of Spain” e sul palco ormai è una fiesta.

Brevissimo encore per Matsson e soci. Immancabile “The Dreamer”, pezzo cult che anticipa la chiusura del live: la ritroviamo riarrangiata in chiave decisamente pop a confermare un po’ l’allontamento dalle sonorità prettamente folk a cui si era abituati, il pubblico comunque è in estasi.
Una domanda sorge spontanea alla fine del live: era davvero necessario farsi accompagnare da una band? I pezzi che Matsson esegue da solo con la sua chitarra incantano il pubblico e tirano fuori l’essenza di The Tallest Man On Earth. Inoltre, è impossibile non notare la quasi totale mancanza di empatia tra Matsson e i membri della band, a cui viene riservata una breve presentazione e con cui l’interazione è vicina o pari a zero. Lo schiaffo finale arriva quando, durante il pezzo conclusivo del live, l’intera formazione viene relegata in un angolo a fare da coro: a quanto pare, essere “l’uomo più alto del mondo” significa che chiunque stia dietro di te è destinato a restare nascosto dalla tua mastodontica ombra.

Fotografie a cura di Andrea Marchetti

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