Il PalaFumo* di Milano ha ospitato una serata decisamente extreme oriented. La line-up del secondo capitolo del festival itinerante The Unholy Alliance era davvero interessante, dato che contava oltre agli headliner Slayer, gli svedesi In Flames, i Children Of Bodom,i Lamb Of God e gli opener Thine Eyes Bleed.
La mia entrata nel palazzetto vede gli Agnellini, guidati dall’abile D. Randall Blythe, growler di razza, già attivi, on stage da qualche minuto di fronte a un pubblico che si presenta molto folto benché siano solo le 18.00. Purtroppo i Lamb soffriranno di un improvviso black out dell’amplificazione, perdendo all’incirca dieci minuti di set; unite a questo un sound non proprio all’altezza e avrete una prestazione molto buona per volontà ma appena sufficiente a livello globale. L’attitudine comunque c’è tutta, aspettiamo i LoG in un’altra occasione per valutarne meglio le capacità on stage.
I Children Of Bodom avranno lo stesso inconveniente degli americani, Alexi Lahio non la prenderà con filosofia e una volta tornato on stage apparirà meno coinvolto di quanto sembrava esserlo inizialmente. Tuttavia i Bambini hanno il pubblico in pugno e scatenano l’inferno con “Hate me” e con la conclusiva, oramai storica per i loro fans, “Downfall”. Strana in questo caso la resa sonora, in determinati punti del PalaFumo* si sentiva da dio, in altri il pastone di chitarra e basso era fastidioso. Promossi comunque, per il sottoscritto, non certo primo estimatore dei Finlandesi, una piacevole sorpresa.
Già a partire dall’intro (theme di Supercar, ho detto tutto) gli In Flames chiariscono all’audience che questa sera faranno un concertone. Possiamo discutere all’infinito sui cambiamenti stilistici della loro proposta, sul fatto che passare da “Lunar Strain” a “Soundtrack To Your Escare” sia difficile da digerire per gli oltranzisti, è innegabile però che questi svedesotti sono un gruppo di punta della scena, uno dei pochi a essere diventati grandi a ogni livello, anche se la loro conversione a un sound e a un modo d’apparire più ‘a stelle e strisce fa rifelettere. Questa sera Fridén e compagni pescano anche dal passato, “Resin” e “Graveland”, anche se i boati che accompagnano “Only For The Weak” e “The Quiet Place” fanno chiaramente capire che il pubblico apprezza e molto la strada scelta dagli In Flames a inizio millennio.
Gli Slayer infine hanno cancellato i dubbi che erano rimasti nel pubblico italiano dopo la performance non proprio brillante del Gods 2005. Tom Araya in primis è tornato a sbraitare come si deve e non ha avuto nessun cedimento vocale per tutta la durata dello show. Dave Lombardo benché diventi sempre più magro, risulta sempre più il miglior drummer in circolazione in campo heavy, trovando ogni volta soluzioni alternative in passaggi che sono stati sentiti in tutte le salse. Hanneman e King infine sono risultati precisi nei riffs come ai bei tempi, insomma i Nostri sembra si siano tolti dalle spalle qualche anno e sono in forma smagliante. Il pubblico è andato in crescendo, partendo da un innocuo movimento sismico sui primi pezzi, arrivando a un bel bordello da metà set in poi, culminando nel vero e proprio killing field conclusivo su “Raining Blood”, “South Of Heaven” e “Angel Of Death”. I tempi cambiano ma gli Slayer si riconfermano ancora quale gruppo più estremo dal vivo della scena, con nessuna discussione consentita sul tema. Lunga vita.
* : bella la legge antifumo, bella l’Italia, bello il rispetto delle regole. Chiedere a numerose persone che stavano letteralmente soffocando in un’atmosfera che definire ‘nebbiosa’ è poco. Fortunatamente non soffro d’asma.
Setlist Slayer: Darkness Of Christ (intro), Disciple, War Ensemble, Blood Red, Die By The Sword, Born Of Fire, Eyes Of The Insane, Mandatory Suicide, Season In The Abyss, Chemical Warfare, Cult, Postmortem, Silent Scream, Dead Skin Mask, Raining Blood, South Of Heaven, Angel Of Death.
Setlist In Flames: Supercar Theme (intro), Pinball Map, Leeches, Cloud Connected, Trigger, Behind Space, Resin, Only For The Weak, Graveland, Come Clarity, The Quiet Place, Take This Life, My Sweet Shadow.