The Winery Dogs, il report del concerto a Milano del 14 giugno 2016

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Si sono abbattuti ieri 14 giugno 2016 sul palco del Market Sound di Milano i Winery Dogs, sotto un minacciosissimo cielo plumbeo, con una corona di fulmini e saette, come Dei del rock giunti da qualche olimpo lontano. E Dei del rock sono sul serio, lo mettono subito in chiaro. Dopo l’esibizione dei nostrani Be The Wolf, che propongono un energico e piacevole hard rock radiofonico sui passi dei Fall Out Boy con interessantissime punte Mars Volta, i tre fuoriclasse si presentano sul palco consci di dover sfoderare l’armamentario senza fronzoli, perché il meteo questa sera concede poco alla musica all’aperto.

Quindi subito la opener che è anche quella dell’ultimo disco di studio “Hot Streak“, “Oblivion”, seguita dalla forzuta “Captain Love”, secondo e più recente singolo estratto, in un dittico di pezzi che fa schizzare l’asticella della tecnica musicale a livelli inimmaginabili. I tre hanno già largamente dimostrato di avere un affiatamento praticamente unico quando si tratta di unire fenomeni di questa portata, in un mix magico dove nessuno stona, nessuno è in ombra e le bravure individuali si sommano e mai si cannibalizzano a vicenda. I riff di chitarra sono estremamente tecnici e veloci, ma mai banali o boriosi e sempre piacevoli, perché tutti i pezzi prodotti dal gruppo sono frutto della volontà di intrattenere e divertire, oltre a quella di sfoggiare l’immenso talento dei componenti.

L’impianto ritmico non ha eguali al mondo, con l’arci-conosciuto e iperattivo Mike Portnoy, che suona e canta, lancia le bacchette in aria e volutamente sbaglia presa più volte condannando il suo povero roadie ad una caccia al tesoro per recuperare le aste di legno in giro per il palco. Durante il suo incredibile assolo scende dallo sgabellino e suona la batteria DA DAVANTI, girando per il palco e battendo di tutto a ritmo indiavolato, persino l’incolpevole Hammond di Richie Kotzen.

A proposito di Kotzen, che dire che non sia stato detto su queste stesse pagine per le recensioni dei due dischi dei Winery? Un artista che vanta una carriera trentennale ad altissimi livelli, una discografia gigantesca con decine e decine di perle stupende. Invitiamo i lettori a rispolverare suoi lavori, per chi lo volesse conoscere meglio, come “Return of Mother Head’s Family Reunion” e il suo live acustico “Acoustic Cuts”. Lo stesso Portnoy, rivolto al pubblico, dice:  “questo figlio di buona donna pare sappia come si suona un chitarra, cosa dite? E sa anche cantare abbastanza bene…”, introducendo il pezzo acustico di “Hot Streak”, “Fire”, solo voce e chitarra.

Nella sua militanza con gruppi come Poison e Mr. Big, da cui proviene anche Billy Sheenan terzo componente e bassista dei Winery, e nella sua immensa produzione solista, Kotzen ha dimostrato di saper suonare tantissimi stili diversissimi tra loro, dal funkie all’hard rock, accompagnando ai suoi funambolismi alle corde una voce di caratura eccellente, ruvida e con un estensione ampissima, che sa essere soave ma anche potente, facendo del musicista uno dei più sottovalutati degli ultimi anni. Pochi conoscono le magie di Richie Kotzen ma chi lo prova non può più farne a meno. Si siede al pianoforte e suona la piacevole “Think It Over”, ancora da “Hot Streak”, e la title track è l’esempio più lampante di come nell’ultimo episodio discografico si siano avvicinati a sonorità più tecniche e funkie, pur mantenendo energia e melodia.

Molto apprezzati i pezzi dell’eccezionale esordio, dalla b-side dark con atmosfere quasi grunge “Time Machine”, alla bellissima ballata “I’m No Angel”, e alle bombe rock in chiusura “Elevate” e “Desire”.
Il pubblico era talmente estasiato dalle prodezze dei tre templari del rock che ha preso esultando litrate di pioggia, dritta dritta e sferzata di lato, e probabilmente se anche avesse preso un fulmine in pieno, lo avrebbe preso come un segno degli Dei del rock di essere nel posto giusto al momento giusto. Tornate presto, Winery.

https://www.youtube.com/watch?v=66aK_9h8Nhw

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